Dunque. Questo non è un altro articolo su Dante. Mi ero ripromesso, e avevo promesso, di non parlarne più, per non andare ad aggiungere altre parole, inutili e vuote, alla retorica fastidiosa di questi giorni.
Perché, sinceramente, sono davvero nauseato dagli obbrobri che sento e leggo, dai dantisti improvvisati, dalla retorica da guitti di quart’ordine. E non ho ascoltato, naturalmente, Benigni leggere Dante davanti a Mattarella. Non soffro di forme di masochismo e non ho pulsioni autolesioniste. E quanto all’invito presidenziale agli italiani perché seguano l’esempio e la coerenza del Poeta… beh mi sembrerebbe meno inappropriato un elogio delle salsicce di maiale tenuto da un Imam islamico rigorista.
Insomma, tutte cose già dette. Questa italietta ignobile, e la sua classe pseudo – dirigente, non ha titolo né diritto alcuno per arrogarsi la memoria di Dante. Non è il suo Poeta, né il suo autore. Si tengano Benigni e Saviano. Sono, tutto sommato, ciò che meritano. Anzi…

Questo, quindi, non è un articolo su Dante. Bensì sul tradurre. Non la Commedia o la Vita Nova però, che sarebbe discorso serio, e molto. Bensì sulla traduzione di un articoletto pubblicato da un quotidiano tedesco.. Un quotidiano minore. Il Fankfurter Rundschau. Un articoletto per i ‘700 anni dalla morte di Dante. Niente di ché. Un pezzo non paludato o saccente, forse un poco fantasioso e scanzonato. Ma certo non offensivo, né riduttivo della grandezza dell’ Alighieri. Si potrebbe, anzi, apprezzare il fatto che l’autore, tedesco, ne abbia una qualche conoscenza. Perché Dante, sia chiaro, è molto difficile da tradurre in altra lingua che non sia la nostra. Molto più di Shakespeare e di Goethe…
E invece, apriti cielo! Qualche genio di Repubblica ha travisato, forse sapendo appena due parole di tedesco… forse facendosi tradurre malamente il titolo da una vecchia prozia che un po’ ne aveva studiato ai tempi del ginnasio. Ovvero ai tempi del Patto d’ Acciaio.
Ed ha cominciato ad aizzare una vera e propria canea. I tedeschi insultano Dante. Mettono in dubbio il valore della sua poesia. Dicono che ha copiato…
Sarebbe bastato – come mi scrisse subito Genny, donna colta e intelligente, nonché amica di lunga data – che qualcuno avesse usato Google traduttore per capire la verità…
E invece no. Se lo scrive Repubblica è Vangelo. Non per nulla Bergoglio chiede ormai lumi e consigli a Scalfari. E se Repubblica dice che il Vaccino fa bene ti devi vaccinare subito e senza storie. E se dice che i tedeschi insultano Dante…
Reazioni imbufalite, commenti al vetriolo. Orazioni sulla barbarie germanica, rievocazione degli Unni – che per altro tedeschi o germanici non erano – di Hitler… e via col tango…
Il comico, tristemente comico come sempre in questo nostro paese dove la tragedia e la farsa coincidono, è che a urlare contro la barbarie germanica, sono proprio i più accesi fautori dell’Unione Europea. Quelli che ad ogni piè sospinto urlano “Ce lo chiede l’Europa”. Quelli che pendono dalle labbra di Angela Merkel. Che sono felici di aver rinunciato ad ogni indipendenza, ad ogni ruolo internazionale. Al diritto sovrano di battere moneta. E di diventare, conseguentemente, sudditi di Berlino.

Può essere che non si rendano conto che Berlino è la capitale della Germania, che Angela Merkel parla tedesco… si sa che la geografia, fisica e politica, non è proprio il forte degli italiani. Dal Ministro degli esteri in giù…
Può essere solo pigra ignoranza. Non azzardare manco uno straccio di traduzioni. Persino con Google. Che è tutto dire. O fideistica adorazione del Verbo che discende dal Santuario del più vieto radicalismo chic. Dal Giornalone che, solo a comprarlo, ti fa sentire colto, intellettuale… Di razza eletta. Anche se le tue ultime letture serie erano sul sussidiario di V Elementare. E così, ad esempio, tu che sei un odontotecnico – con tutto il rispetto per gli odontotecnici seri e benemeriti – ti permetti di definire “rozzo e ignorante” uno che si è laureato, Magna cum Laude, in studi classici ad Oxford, e che ha pubblicato studi di valore su Omero…
Più che altro, però, deve trattarsi di una sindrome. Quella dello schiavo che invidia e odia il padrone, che pure serve e le cui mani bacia… per non dire peggio. La sindrome, se preferite, del cortigiano. O, anche, del traditore. Dell’alleato prono, del suddito che si proclama fedele…. Ma che, in fondo, non vede l’ora di poter accoltellare alla schiena il suo signore. Perché gli manca il vero coraggio. Quello di ribellearsi. Di alzare la voce quando è importante. E necessario.
E così cerca meschine rivincite e soddisfazioni miserevoli. E false. Magari travisando (volutamente?) una traduzione… Anche perché “tradurre” e “tradire” hanno, a ben pensarci, la stessa radice…