Cari lettori,
sabato 2 ottobre 2022 ho avuto il piacere di andare in “gita” lavorativa fuoriporta e precisamente nella bellissima città di Aosta in occasione della mostra “Tramà”.
Manifestazione che prende origine e forma dall’idea di Silvia Musumarra e di Simonetta Pedicillo, le quali non appena giunte presso la location adibita all’evento, ovvero il mercato coperto aostano, mi hanno accolto calorosamente e mi hanno spiegato il tema di TRAMA’ e gli spunti che hanno tratto per rendere questa rassegna artistica cosi’ interessante, divertente agli occhi e all’anima e ricca di significato.
S.M: “Si tratta di una esposizione di tipo plurale e multiculturale di 13 artisti professionisti che vi hanno contribuito con le loro opere e le loro installazioni.”
B: “Mi racconti da dove nasce e soprattutto perché nasce questo progetto?”
S.M.: “Questo progetto nasce verso la fine della pandemia, si individua come location proprio il mercato coperto di Aosta che è stato uno spazio chiuso per tantissimi anni e che in realtà è magnifico ed ha del potenziale, si è voluta portare l’arte contemporanea in questa città per far avvicinare la popolazione alla riscoperta sia di realtà locali che internazionali. Sono stati cercati artisti principalmente del luogo proprio per metterli a fuoco e valorizzare le radici del nostro territorio ed anche artisti che vengono dalle più svariate parti d’Italia. Ci è sembrata utile questa commistione”.
S.P.: “Il tema centrale è il mercato quindi abbiamo cercato artisti che lavorassero con materiali che si riferiscono a ciò, ad esempio Nazareno Biondo in questa occasione ha portato due opere create con i copertoni, ma in realtà lui lavora con il marmo che è una materia prima. C’è un forte collegamento tra materiale ed ambiente in cui oggi ci troviamo ad esempio i tavoli di marmo su cui poggiano i fiori di carta provengono dalla nostra cava di Verrès, oppure abbiamo un valdostano che si chiama Peter Troier che è di Cormayeur, lavora con il legno e con il ferro e quindi cerca di creare un equilibrio tra gli elementi, il ferro lo ritroviamo all’interno del nostro mercato proprio oggi. Abbiamo due istallazioni multimediali molto interessanti una tra l’altro è nata anch’essa durante la pandemia, come il nostro progetto, e poi abbiamo un fiore all’occhiello che espone oggi ovvero Elisa Presta che è una valdostana che però vive nella Guyana francese facendo un lavoro super interessante sul nomadismo che è un tema attualissimo, ovviamente visto dal suo punto di vista perché lei stessa è una emigrata che cambia spesso luogo e poi abbiamo un’altra artista locale che è Raffaella Santamaria che lavora con la fotografia in particolare con la cianotipia che è una tecnica fotografica molto antica”.
Dopo questo primo confronto capisco immediatamente quanta voglia ci sia di esaltare il territorio e la cultura da parte degli organizzatori, ma anche quanto i valdostani siano legati alle proprie radici.
Entusiasta della presentazione mi reco immediatamente ad intervistare la prima artista “local” Elisa Maria Zambetta:
B.: “Sono rimasta piacevolmente colpita dai tuoi quadri in cui vengono raffigurate delle teste mozzate con sopra frutta e verdura, ti va di raccontarmeli?”
E.Z.: “Per questo evento ho deciso di fare delle tele, tecnica mista quindi c’è il collage e dello smalto acrilico con un pizzico di ironia perché i miei lavori principalmente hanno come soggetto principale l’uomo a cui viene mozzata la testa, ma è un modo gentile, poi ci mettiamo all’interno un modo di dire, proverbi… in questo caso ho portato TESTA DI RAPA, ACQUA IN TESTA, CAPA DI MELONE che diciamo sono anche proverbi un po’ del Sud, perché io ho vissuto per un periodo in Puglia, tutta la nuova produzione si basa su paure, proverbi e modi di dire”
B:” Hai iniziato da tanto il tuo percorso artistico? C’è qualche figura nel mondo dell’Arte al quale ti ispiri?”
E.Z.:” Si diciamo che da quando frequentavo l’Academia di Belle Arti in Puglia avevo un gruppo artistico, eravamo un duo che si chiama CRISA quindi lavori a 4 mani, poi dopo venendo qua in Valle non ho mantenuto i rapporti e le nostre strade si sono divise, ho tanti modelli a cui mi ispiro il primo è Picasso, che amo nelle sue varie forme”.
B: “Progetti futuri?”
E.Z.: “Speriamo che qui in VDA parta un po’ un progetto che abbraccia l’arte4 contemporanea e quindi sicuramente c’è la voglia di continuare di fare sempre di piu’”.
Proseguo il mio tour quando vengo magicamente attratta da una installazione molto particolare di Riccardo Mantelli che gentilmente mi dedica il suo tempo e mi presenta la sua visione dell’arte.
B.: “Una tela, un visore ed una piccola pietra? Che tipo di arte tratti e che messaggio vuoi trasmettere all’osservatore?”
R.M.: “La mia arte nasce nelle increspature della tecnologia proprio perché sono un creative tecnologist, mi occupo di installazioni interattive normalmente per clienti, da sempre frequento la tecnologia come se fossi una sorta di paesaggista quindi cerco di osservare luoghi inesplorati, e li osservo con gli occhi di un artista soprattutto cercando di ritrovare delle vibrazioni. Da sempre c’è stata una sorta amore e odio nei confronti della tecnologia forse perché ho iniziato fin da bambino, quindi a 7 anni, a frequentare questi luoghi ed infatti in questa opera che presento oggi si vede la maturità di riuscire ad arrivare quasi in modo alchemico alla tecnologia.
La mia opera è ispirata al silicio anamorfico che è una versione diversa del silicio cristallino che è quello che troviamo in natura, l’uomo ha alterato il silicio per riuscire a far andare velocemente i dati all’interno della tecnologia.
Questo lavoro che oggi presento è quasi una critica nei confronti della tecnologia che sfiora anche la spiritualità perché nella tradizione islamica – io studio lingue antiche – nel Corano si dice che Allah crea degli esseri che si chiamo Jin e li crea dal fuoco senza fumo, quindi dalla corrente elettrica quindi gli Jin abitano i deserti, i luoghi pieni di silicio, adorano questo materiale, adorano ispirare l’uomo e si nutrono di ciò.
La società odierna ormai è circondata da questo materiale, ed io mi chiedo sempre se tutta questa presenza del silicio sia un fenomeno di crescita spirituale per l’essere umano e quindi in questo senso la tradizione islamica ci aiuta a decodificare questo concetto, quindi se durante il Covid questi deserti intorno a noi sono state le autostrade per avvicinare questo nuovo immaginario. Il pezzo di piombo che vedi a destra della tela è nato da un piccolo rituale di imprigionamento degli Jin nel piombo che arriva dalla tradizione Salomonica: Salomone imprigionava gli Jin nel piombo e questo pezzo di piombo io lo avevo tenuto vicino al cellulare per una notte e poi come Salomone ho imprigionato gli Jin che stavano vicino all’apparecchio telefonico quindi col visore si entra sulla tela che vedi che e una sorta di griglia che rappresenta anche le paure e i limiti umani in cui si possono vedere gli Jin che sono sfere.”
B.: Cosa pensi degli Nft? Li ritieni una bolla speculativa o un possibile investimento futuro per il mondo dell’arte?”
R.M.:” Come tutte le novità inizialmente puo’ essere percepita come una bolla, sicuramente è un grande cambiamento, in questo caso per l’arte gli Nft posso fare tanto in questo momento, però non stanno facendo così tanto perché gli speculatori stanno iniziando a guastare l’idea di fondo che c’è negli Nft, ovvero quella di riuscire a proteggere un qualcosa di digitale. Credo che nel prossimo futuro gli Nft saranno rivoluzionari però attualmente credo che si sia creata una sorta di nuvola negativa intorno a un concetto che ha molte potenzialità soprattutto per gli artisti in campo digital”.
Le radici sono importanti nella vita di un uomo, ma noi uomini non essendo alberi abbiamo le gambe e non le radici e le gambe sono fatte sia per rimanere nel luogo in cui siamo cresciuti sia per andare altrove, si tratta non tanto di decisioni quanto di scelte.
Vedere tutte queste persone affezionate a questa località montana mi ha fatto molto riflettere sul concetto di tradizione, valore che in una società frenetica come quella del nostro tempo si tende a perdere e a dimenticare nelle molteplici vie cosmopolite che le grandi città ci offrono, ma non c’è nulla di piu’ gratificante dei nostri usi e costumi, della mostra tradizione che poi in fondo siamo NOI.
Alla prossima mostra!