Torino non è più la capitale dell’auto. Grazie alla famiglia Agnelli/Elkann ed a tutti coloro che, per servilismo e per viltà, hanno sempre ossequiato i responsabili del disastro. Dunque l’automotive evapora – con il contributo dell’Unione europea e dei maggiordomi di Biden – e Torino si autonomina capitale del mondo studentesco. La città dei saperi, della scuola, delle università. E si festeggia perché almeno una delle varie classifiche internazionali ha collocato l’ateneo torinese tra i primi 500 al mondo. Un grande successo!
Però è chiaro a tutti che questa è la città della conoscenza. È chiaro soprattutto a Gtt, l’azienda del trasporto pubblico. Dunque se Torino vive esclusivamente sugli studenti, è normale che al termine dell’anno scolastico il servizio di trasporto si diradi, moltiplicando i tempi di attesa di bus e tram.
Ed ora chi glielo spiega, a Gtt, che anche a fine giugno e poi nei mesi seguenti qualcuno continua imperterrito a lavorare? Che elementari, medie e licei hanno chiuso i battenti ma l’università no? Che qualcuno si sposta in città anche per fare la spesa, per andare a trovare un anziano in un quartiere lontano, per raggiungere un amico o la propria ragazza?
Certo, si può utilizzare la bici, magari il monopattino. Si può andare a piedi, sotto il sole e con temperature insopportabili. Però chi ha un abbonamento annuale lo ha acquistato per un servizio accettabile persino quando le scuole sono chiuse. E se per lavorare deve utilizzare altri mezzi di trasporto, sarebbe il caso che Gtt restituisse parte dei soldi incassati. E per il prossimo anno, in nome della trasparenza, si potrebbe chiarire che gli abbonamenti sono vietati a chi non frequenta le scuole.