Pietrangelo Buttafuoco, sul Quotidiano del Sud, spiega che in Ungheria 70 giornalisti si sono dimessi per protestare contro le ingerenze del premier Viktor Orban. E aggiunge, Buttafuoco, che almeno in Ungheria esistono giornalisti dissenzienti che possono dimettersi mentre in Italia non sarebbe possibile poiché non verrebbero neppure assunti. Tragicamente vero, perlomeno per ciò che riguarda i media di servizio, comprese le tv del finto oppositore Berlusconi.
L’ironia di Buttafuoco fa da contraltare alla rabbia di Matteo Salvini che accusa i giornalisti italiani, colpevoli di aver attaccato il governatore Fontana per un reato che non esiste. Però le differenze, tra i due, sono abissali. Pietrangelo è un giornalista che non ha mai nascosto le sue idee politicamente scorrette e, ciò nonostante, è quasi sempre riuscito a collaborare con testate di opposto orientamento. Un raro esempio di libertà di informazione. Matteo, giornalista pure lui, ha lasciato che il quotidiano della Lega, la Padania, morisse e non ha fatto nulla per favorire lo sviluppo di una informazione alternativa.
Ed è verissimo che i grandi (sempre meno grandi) quotidiani non amano i giornalisti liberi e, di conseguenza, politicamente scomodi, ma è altrettanto vero che gli aspiranti giornalisti non allineati sono rari. Molto rari. Certo, le retribuzioni da fame (quando ci sono) non rappresentano un grande incentivo, ma se sono in grado di attirare giovani sardine, neolaureati radical chic, aspiranti rivoluzionari marxisti che non conoscono Marx, non si capisce perché, le medesime condizioni, non convincano i giovani destri ad intraprendere le medesime carriere quando ne avrebbero l’opportunità.
È più comodo lamentarsi per le “scorrettezze dell’informazione di regime” piuttosto di provare a dar vita ad una informazione alternativa. Richiederebbe sacrifici, impegno, studio, preparazione. Per 4,50 euro al pezzo, all’inizio. Se si è convinti di ciò che si fa, se si è convinti di essere capaci, si può investire su se stessi e rischiare. Se no ci si dedica ai social, si sfogano rabbia e frustrazione nella cerchia degli amici, si strilla contro i “giornalai bugiardi e venduti”. Aspettando, sul divano, il reddito di cittadinanza. Troppo affaticati nel duro lavoro del lamento continuo per poter almeno gioire per il tracollo dei giornali di servizio. A dimostrazione che lo spazio per la contro informazione ci sarebbe, se solo ci si alzasse dal divano.