I media italiani di regime sono troppo impegnati con i reportage strappalacrime dall’Ucraina (imbattibili quelli dell’inviata Mediaset, anche per il tono della voce) per accorgersi di ciò che sta succedendo molto più vicino: in Tunisia. Già si evita accuratamente di raccontare che gli sbarchi di clandestini sono ripresi in forze, ma evidentemente la situazione di Tunisi richiede un supplemento di censura.
La tanto amata censura. Così amata che, quando il regime si dimentica di applicarla, i giornalisti provvedono autonomamente. Dalla sessoautonomia all’autocensura. L’importante è non raccontare che, di fatto, a Tunisi si è alle prese con un colpo di stato. Il presidente Kais Saied ha sciolto il parlamento, reo di contestarlo. Perché la maggioranza l’aveva il partito Ennahda che non piace al presidente. Dunque tutti a casa e, mentre c’era, Saied si è disfatto anche del locale Csm. Mica si può lasciare ai magistrati la libertà di indagare sul presidente e i suoi amici!
Adesso il poveruomo è impegnato a cambiare la costituzione per renderla più adatta alle proprie esigenze. Poi, forse, a fine anno si tornerà a votare con nuove regole, di comodo.
Ovviamente il mondo occidentale, rispettoso di leggi e procedure, è insorto. Condanne all’Onu, sequestro di beni degli oligarchi, sanzioni ad ogni livello. No, non è andata proprio così. Saied è un amico dell’Occidente, è un atlantista di provata fede. Dunque va tutto bene. Un colpo di stato? E che sarà mai! Lo ha fatto a fin di bene, ça va sans dire. E la democrazia, quando infastidisce gli amici, è un orpello inutile, fastidioso.
E poi bisogna nascondere che una delle ragioni di una nuova ondata di proteste a Tunisi è legata alla carenza di pane. La solita, vecchia, motivazione che ha provocato rivolte e rivoluzioni nel corso dei millenni. E il pane manca grazie alle sanzioni contro la Russia. Ma non bisogna dirlo. La narrazione di regime, in Italia, prevede solo notizie relative all’inutilità del gas russo, all’effetto disastroso delle sanzioni per l’economia di Mosca, ai piccolissimi sacrifici richiesti ai popoli che – su ordine di Biden – impongono le sanzioni.
Dunque censura sugli avvenimenti di Tunisi. E censura sugli sbarchi di tunisini sulle coste italiane. I profughi, i migranti, sono solo quelli belli e biondi in arrivo dall’Ucraina. Gli altri, quelli abbronzati, arrivano in massa ma non bisogna raccontarlo.