In Italia troppe località turistiche vivono (e incassano) per un periodo di tempo eccessivamente ridotto.
Il mare, con le dovute e meritorie eccezioni, punta quasi esclusivamente sull’estate; la montagna in molti casi ha ridimensionato le iniziative per il turismo estivo preferendo investire sull’inverno.
E la tanto millantata “terza stagione”, quella soprattutto autunnale, è stata riposta in un cassetto.
Il risultato è che si aumentano i prezzi perché, lavorando solo per pochi mesi si vuole incassare l’equivalente di tutti giorni. D’altronde l’affitto di una struttura si paga anche se è chiusa così come l’investimento per acquistarla va ammortizzato su base annua.
Esistono ragioni obiettive per giustificare la situazione. Ma altre sono assolutamente soggettive.
È evidente che il flusso turistico più consistente si concentra in estate e nei giorni delle vacanze natalizie. Aziende chiuse e passione per le nuotate o per lo sci.
Ed è altrettanto evidente che gli appassionati di arte e cultura preferiranno, con pochi giorni di vacanza a disposizione, visitare Roma, Firenze, Venezia piuttosto di scoprire piccoli centri affascinanti ma del tutto sconosciuti o difficilmente raggiungibili per la cronica carenza di infrastrutture e di servizi di collegamento.
Il rapporto tra turismo e trasporti era perfettamente noto tra le due guerre quando, per lanciare il turismo di massa si puntò sui treni e sulle corriere, oltre che sulle colonie per i bambini.
Un servizio ferroviario capillare, smantellato in nome di un antifascismo Made in Fiat. Si doveva viaggiare in auto, non in treno. Poi, con l’austerità che tanto piace al Grigiocrate Monti ed ai suoi complici, si sono smantellate anche le strade poiché la manutenzione è un lusso che non possiamo concederci.
Bisogna viaggiare solo in autostrada, arricchendo i concessionari amici degli amici. E bisogna fare un mutuo per raggiungere la Sardegna in aereo o in traghetto.
Poi, però, esistono anche scelte locali a penalizzare il turismo. Se nella “terza stagione” non ci sono offerte culturali, non ci sono iniziative di richiamo, se i negozi sono in gran parte chiusi ed i locali di intrattenimento pure, diventa difficile attirare turisti. Se, poi, non si è fatto nulla per far conoscere il proprio territorio, allora l’impresa è ancor più disperata.
Così le folle si ritrovano in code interminabili davanti ai soliti musei delle città d’arte, ignorando bellezze artistiche, architettoniche, paesaggistiche di una Italia che resta fuori dai percorsi soliti.
Eppure ci sono milioni di turisti che hanno già visto gli Uffizi, il Colosseo, San Marco e che potrebbero venir indirizzati a Comacchio, a San Gimignano, sui laghi intorno a Roma.
In altri casi si fanno scelte obbligate, non turistiche ma comunque intelligenti. La Costa Smeralda, in assenza di vacanzieri italiani ed internazionali, organizza iniziative per coinvolgere i sardi delle località vicine. A partire dai bambini, per farli sentire parte di un territorio che, da aprile ad ottobre, sembra quasi staccato dalla realtà locale e proiettato solo verso i turisti in arrivo da ogni dove.
Si approfitta dei mesi di calma per far crescere la conoscenza, la consapevolezza. Si investe sul futuro.
Photo credits by Augusto Grandi