La guerra dichiarata al Venezuela in quanto simbolo del socialismo nel subcontinente latinoamericano è arrivata al punto di non ritorno.
L’attentato con il quale il gruppo dei “soldati in t-shirt” ha tentato di assassinare il presidente Nicolas Maduro spalanca le porte ad un passato buio e tetro in cui i leader populisti del Sudamerica venivano sistematicamente uccisi da forze reazionarie, liberiste e filostatunitensi.
La matrice dell’attacco, consistente in due droni carichi di esplosivo, è chiara e il presidente in carica, uscito incolume, ha puntato il dito contro le opposizioni che dettano la propria linea “politica” dalla confinante Colombia del presidente uscente Santos e da Miami, la città della Florida in cui i membri della Mud si incontrano con i politici ispanici a stelle e strisce.
Dal proprio canto Bogotà e Washington hanno smentito un coinvolgimento nell’azione senza aggiungere, però, alcuna condanna all’atto o la benché minima solidarietà al leader del PSUV e al popolo venezuelano.
In seguito alla netta affermazione alle elezioni presidenziali di Maduro e alla spaccatura in seno alla coalizione neoliberista delle opposizioni sembra evidente che l’opzione terroristica sia l’unica alternativa rimasta a chi combatte da quasi due decenni le politiche bolivariste del Paese.
Nelle ultime settimane Maduro e l’intero esecutivo hanno posto le basi per un rilancio dell’economia e della moneta nazionale che versa in un clima di iperinflazione causato dagli errori nella scelta della produzione interna e dalla guerra commerciale posta dai nemici di dentro, grande imprenditoria e multinazionali, e di fuori, sanzioni Usa e isolamento ad esclusione degli storici alleati dell’Alleanza Bolivariana per le Americhe (ALBA).
Condanne al vile gesto, che avrebbe potuto causare morti tra i civili e le forze militari che stavano assistendo al discorso in piazza del presidente, sono arrivate dagli alleati extraregionali di Damasco e Mosca ma l’interrogativo principale resta quello su una possibile escalation dello scontro in atto che, secondo alcuni, potrebbe portare gli Usa ad usufruire delle vicine basi colombiane per lanciare un attacco militare allo Stato simbolo dell’indipendenza dal gigante nordamericano teso, sempre più, a riproporre la tristemente famosa Dottrina Monroe.