Jair Bolsonaro fa parlare di sé come il suo omologo statunitense Donald Trump. Una volta giunto alla presidenza del Paese, infatti, non ha minimamente modificato i suoi comportamenti finendo per essere uno di quei personaggi politici che o si amano o si odiano.
Il primo anno della sua presidenza è stato affidato a diverse persone che non sempre operano sotto la sua volontà. Da un lato i componenti della famiglia e dall’altro quelli dello Stato profondo verde-oro (come non vedere anche qui un rimando alla situazione dell’inquilino della Casa Bianca).
Ai componenti della famiglia, e in particolare al primogenito Flavio (nella foto), Bolsonaro ha affidato la costruzione della nuova piattaforma politica dopo il distacco dal Partido Social-Liberale (Partito Social-Liberale, PSL). Deciso il nome della nuova formazione che si chiamerà Aliança pelo Brasil (Alleanza per il Brasile, APB) viene la parte difficile. In seguito alla fondazione, infatti, si necessita dell’acquisizione di 500.000 firme che, nel sistema multipartitico brasiliano, non è una cifra di poco conto. Ad occuparsene sarà quindi il più moderato dei figli, quel Flavio che, però, è attualmente invischiato in uno scandalo per riciclaggio di denaro che vedrebbe coinvolte anche alcune gang della malavita di Rio de Janeiro.
In politica estera tocca sempre al vicepresidente Hamilton Mourão, espressione dell’esercito della nazione sudamericana, riparare alle uscite fuori luogo dell’inquilino di Palácio do Planalto. Dopo le minacce di uscita dal Mercosur per la vittoria peronista in Argentina, Bolsonaro ha fatto retromarcia inviando proprio il suo vice alla cerimonia di insediamento a Buenos Aires. Ora l’obiettivo vero nel breve-medio periodo è quello di un nuovo accordo di libero scambio che integri il Sudamerica con il Centro e il Nord del continente tramite un’intesa con il Messico e gli Usa.
In campo economico ad essersi occupato della ricetta a base di tagli e privatizzazioni e ad aver ottenuto il via libera definitivo in entrambi i rami del Parlamento per la riforma delle pensioni è il ministro dell’Economia Paulo Guedes, un ultra liberista uscito dalla scuola di Chicago. Fervente negazionista del cambiamento climatico e nemico numero uno della salvaguardia della Foresta Amazzonica, tra i nuovi obiettivi del presidente figura anche lo smantellamento delle comunità indigene. In questo caso la nomina di Ricardo Lopes Dias, antropologo evangelico, alla presidenza della Fundação Nacional do Índio (Fondazione Nazionale dell’indio, FUNAI) sembra volta a favorire un’altra componente fondamentale della sua elezione nel 2018, quella delle congreghe protestanti.
Un meccanismo simile a quello che lo vide nominare ministro dell’Ambiente Tereza Cristina Dias, espressione delle lobbies dell’agrobusiness. Insomma proprio come Trump il presidente brasiliano ha nemici anche all’interno del proprio esecutivo e provoca spesso l’ira dei suoi oppositori, dagli indigeni ai sindacati, ma sembra avere le idee chiare stabilendo delle priorità volte a “ripagare il debito elettorale” con i suoi sostenitori già in proiezione di una ricandidatura nell’autunno 2022.