La “non politica” di Tajani e Crosetto sta diventando imbarazzante e preoccupante. Imbarazzante perché, comunque, l’Italia figura ancora tra i principali Paesi mondiali. Preoccupante perché il vergognoso servilismo nei confronti di Washington sta imponendo costi insostenibili per le famiglie italiane. Invece di investire risorse per lo sviluppo e per il rilancio dell’economia nazionale, il governo stanzia continue risorse per far proseguire la guerra in Ucraina. Non ci sono soldi per ridurre le tasse ma ci sono per le armi da regalare a Zelensky.
Ma al di là degli aspetti economici, è inaccettabile la mancanza di un ruolo internazionale dell’Italia a parte quello di lacchè di Biden. Tutti si stanno muovendo a livello mondiale, tranne il governo della Garbatella. Magari con movimenti a volte contraddittori, ma si muovono. Anche perché, spesso, le iniziative dei vari Paesi appaiono contraddittorie solo a causa di una narrazione falsa dei media italiani.
Basti pensare ai rapporti tra Russia, India e Cina. Dopo il vertice in Indonesia, i chierici italiani avevano raccontato di un raffreddamento dei rapporti con Mosca sia da parte indiana sia cinese. Addirittura quasi un gelo da parte di Nuova Delhi. Ed infatti Russia e India stanno definendo un ampliamento dei rapporti commerciali, con un incremento delle merci indiane da consegnare a Mosca per controbilanciare gli aumenti di esportazioni russe in India. Non proprio un segnale di gelo diplomatico.
Quanto alla Cina, si rafforza l’idea di Pechino di creare alleanze per contrastare l’unipolarismo imperialista statunitense. Ed il primo partner resta la Russia. Che, a sua volta, organizza operazioni militari congiunte con il Laos e sta rafforzando i legami un po’ sfilacciati con Kazakistan ed Uzbekistan. In nome del gas. Mentre, in nome del petrolio, cresce il ruolo dei Paesi del Golfo e di quelli africani che dovrebbero sostituire la Russia come fornitori all’Europa. E Mosca, ovviamente, accresce la propria presenza in Africa, proprio come la Cina. L’Europa sta a guardare. Incapace di conservare le posizioni in Africa, alle prese con l’inizio di una guerra commerciale contro Pechino annunciata da Londra, in totale rottura con Mosca. Dunque sempre più dipendente dal petomane di Washington.
E poi ci sono quei Paesi che provano a sganciarsi dalle strategie indicate dagli Usa. Francia e Germania prima litigano e poi trovano una piccola intesa sull’idrogeno come fonte alternativa al costosissimo gas americano. La Serbia tratta con l’Azerbaigian per la fornitura di gas ma senza rinunciare alla protezione di Mosca. L’Ungheria pretende che l’Ucraina di Zelensky rispetti la minoranza ungherese nel Paese, minoranza ovviamente ignorata da Bruxelles e per questo Budapest rallenta ogni iniziativa europea a favore di Kiev.
Se poi si guarda all’iper attivismo di Ankara, il servilismo immobile di Tajani e Crosetto appare ancora più evidente ed inaccettabile. Perché la Turchia è un Paese che si affaccia sul Mediterraneo, fa parte della Nato, ha un’economia più debole di quella italiana. Però si è ricavata uno spazio considerevole, da potenza regionale in grado di avere un ruolo fondamentale a livello globale. In Asia, in Africa, in Europa. Tratta con Putin sull’Ucraina pur rimanendo nella Nato e, in questo modo, si fa i propri comodi in Siria senza ingerenze russe e si spartisce la Libia proprio con Mosca da cui riceve gas, petrolio, grano, fertilizzanti da ricollocare altrove.
Questo è multipolarismo. Che coinvolge anche l’America Latina con nuovi accordi in continuo mutamento. Costringendo Washington a fare marcia indietro sulle sanzioni al Venezuela da cui ha ricominciato a comprare petrolio. Le sanzioni valgono solo per l’Europa e contro la Russia. Se ledono gli interessi Usa possono essere riviste.