Il ministro Franceschini – sì, proprio quello che aveva giurato sulla riapertura di cinema e teatri per il 27 marzo – ha ora proclamato la morte della censura. Libertà! Libertà! Finalmente il pensiero unico obbligatorio viene sconfitto e si potrà esprimere la propria idea anche non conforme.
Macché. La censura viene eliminata per ciò che riguarda le scene di sesso nei film ma diventa sempre più opprimente in tutto quello che è legato al pensiero ed alla vita quotidiana. La psicopolizia imperversa, e quando non basta l’esercito di Lamorgese, intervengono i feroci censori dei social. Che eliminano le pagine di una testata giornalistica regolarmente registrata al tribunale italiano, a dimostrazione che le leggi, gli ordini professionali e persino i tribunali non contano nulla di fronte al potere degli Zuckerberg di turno.

Ovviamente, di fronte ad un simile atto di intollerabile censura, l’ordine dei giornalisti resta fermo e silenzioso. Che sarà mai la censura di un giornale di fronte alla frequentazione dei corsi di aggiornamento sui termini politicamente corretti da utilizzare in ogni frangente?
Perché il pensiero non può essere libero quando si va a toccare la sensibilità di qualche categoria. Vietate le barzellette che giocavano sui difetti fisici o mentali – oggi i fratelli De Rege verrebbero bruciati sul rogo per il loro “Vieni avanti, cretino!”: non si pensa al dolore delle famiglie dei cretini? – vietati i riferimenti etnici (i genovesi sono rigorosamente generosi, anzi, non esistono neppure poiché sarebbe una differenziazione indebita rispetto a chi genovese non è), vietati i riferimenti sessuali (sono diventati tutti “fluidi”).

Vietati simboli considerati nazisti anche quando non c’entrano nulla con il nazismo e risalgono a qualche migliaio di anni prima. Ma la storia non conta se è in contrasto con la narrazione politicamente corretta.
Vietato vietare i versi satanici di Salman Rushdie, ma obbligatorio vietare i versi politicamente scorretti di Dante e Shakespeare.

In pratica nel libero cinema e nel libero teatro privi di censura potranno essere rappresentate solo opere in linea con il pensiero unico obbligatorio. Tutti nudi, se si vuole, ma privati di idee originali che non abbiano passato il vaglio della censura del politicamente corretto. Certo, si potrà vedere la scena del burro in Ultimo tango a Parigi. Ma non si potrà più assistere alla versione originale del Mercante di Venezia. È la libertà, bellezza, ai tempi di Franceschini e del Ddl Zan.