“Scusi prof.” la bruna dagli occhi intensi. Tristi, da un anno a questa parte. Una tristezza che ti arriva e colpisce. Anche perché il resto del volto è coperto… Dimmi…
“Ma questo DaDaismo, non le sembra.. una totale scemenza?”
Certo. E non è che mi sembra. È proprio una scemenza. Assoluta e totale… Però, era una scemenza… voluta. E sta qui la differenza.
“A proffe, ma che ce sta qualcuno cui je piace far lo scemo?”
Certo. Guardati allo specchio alla prima occasione….
Le risate sono esplosive. Liberatorie. E il Boro – era lui, ovviamente – si alza e cerca di iniziare una sorta di danza. Tra il tribale e il clownesco.
Mi piace vederli così… Ma devo riportare l`ordine. Se arriva qualche collega, di quelle con due mascherine…
Poi
Vedete, il DADA è volutamente privo di senso. Di un significato comprensibile. Di una logica. Di un qualsivoglia fine. Anche, anzi soprattutto artistico. Perché Tzara e gli altri credono che solo così sia possibile davvero cogliere la complessità del mondo, che è insieme di percezioni, emozioni, sensazioni disordinate, caotiche cui siamo noi, senza rendercene conto, ad imporre un senso logico. Un ordine…
“Ma il mondo non può non avere un ordine, prof.! Come si potrebbe vivere, altrimenti?”
Già, come si potrebbe… E infatti noi questo ordine lo costruiamo. E lo imponiamo alle cose. Perché, senza, ci sarebbe impossibile… stavo per dire vivere, ma no… La parola giusta è sopravvivere. Ed è questo che i dadaisti vogliono fare con le loro scemenze. Mettere in luce l’assurdità dell’ordine che ci siamo imposti. O che ci viene imposto. Ma che noi, comunque subiamo. E sosteniamo. Sopravvivendo. Non vivendo davvero.
“Allora se erano contro l’ordine, erano anarchici…” gli occhi della castana brillano vivaci. Lei è quella “politicizzata”, con una serie di miti fasulli. Sessantotto in testa. Ma, tutto sommato, meglio così… almeno pensa ad altro. Ed ha temperamento.
No. Non è una questione politica. Certo, in Germania, nella drammatica Germania di Weimar, Grosz e altri dadaisti aderirono al Partito Comunista. Ma altrove fu diverso. Ad esempio, qui da noi, il DaDa più importante, come artista e teorico, è stato Julius Evola. Quello che chiamano il Barone Nero. Poi considerato uno dei principali pensatori reazionari. Anche se sarebbe più corretto definirlo della Tradizione integrale…
In sostanza, però, i Dadaisti non hanno una visione politica. Perché andrebbe in contraddizione proprio col principio della casualità che governa vite e cose…
“Insomma proffe’, a questi je piaceva fa’ casino e vivere alla giornata… cominciano a stamme simpatici”
In un certo senso hai ragione. Ma il loro “fare casino” è diverso da quello dei Futuristi. Coi quali pure avevano inizialmente rapporti. E dai quali molti, che poi aderirono al DaDaismo, provenivano. Ma, dopo un po’, Tzara e Marinetti ruppero. Di brutto.
“Che, se menarono anche sti due?” il coatto palestrato sembra, per una volta, davvero interessato. Mai deluderli, in questi, rari, momenti…
No. Non si menarono ma, probabilmente, solo perché non ebbero occasione. E poi, per queste cose, il vero specialista era Soffici…
” Che a lei je piace tanto, eh proffe’? ”
Sì. Per il carattere e perché era un geniaccio non da poco. Ma questo è altro discorso… altra volta. Torniamo ai DaDa.
Il Futurismo voleva cambiare radicalmente il mondo. Ma accettava, comunque, che vi fosse un Mondo. Un Cosmo. Un Ordine. Che doveva mutare con velocità frenetica, certo. Ma che, comunque, restava tale.
Per il DaDa, invece, non c’è niente da cambiare perché, semplicemente, il Mondo… non esiste. È una illusione collettiva…
“E allora che stavano a fa’? Solo cazzeggio dalla mattina alla sera ?” certo, il Boro è il Boro, e non si può pretendere… Ma, in fondo, ha capito. E, poi, partecipa…
Sì. Per dirla col tuo linguaggio oxfordiano (risate generali) stavano a cazzeggiare tutto il giorno. Ma per una ben precisa convinzione. Non solo perché, come a voi, gli piacesse e non avessero niente da fare.
Nel cazzeggiare (ma sì, dai, usiamo il loro linguaggio, non sarà questo a degradarli culturalmente) rompevano ogni schema mentale. Vanificavano ogni rappresentazione. Annichilivano ogni certezza. E abbandonavani ogni appiglio. Come lanciarsi nel vuoto…e senza paracadute.
“Detta così fa paura – la bruna dagli occhi tristi – a me sembravano allegri. Anche troppo spensierati…”
E lo erano, sai. Perché, alla fin fine, danzare nel vuoto, senza certezze né scopi, può dare una straordinaria ebrezza. Può essere liberatorio. Da tutte le costrizioni della vita. In fondo…beh, in fondo è sempre Nietzsche. Anche se declinato in modo diverso. Il Nietzsche che può essere letto in una chiave nichilista. Ma solo in apparenza. Perché, in realtà, è quello che insegna che, per uscire dalla gabbia in cui ci siamo rinchiusi da soli, è necessario spezzare la rappresentazione mentale in cui viviamo. Liberarci da paure e preoccupazioni. E ridere.
Cade il silenzio. Un silenzio denso. Stanno pensando. Poi… vabbè, io la racconto, anche se, per lo più, non mi crederete. Penserete ad una scena malamente imitata da “L’attimo fuggente”. Comunque…
Il Boro si alza in piedi. E si strappa la mascherina. Si guarda intorno, e comincia a ridere. I coatti lo imitano. E anche altri. È tutta una risata…
Poi… Un urlo di orrore.
Accidenti, non ho sentito la campanella. Ed è arrivata la collega. Con due mascherine. Griffate…