Tutti a menarsela coi giovani: loro sono la speranza per il nostro futuro. A me basterebbe che non storpiassero il congiuntivo. I giovani, culturalmente, non esistono: non sono una categoria epistemologica.
Trattati come vasi di porcellana o come ritardati mentali, i giovani non sarebbero nulla, senza gli adulti: perfino il linguaggio muove da fenomeni mimetici.
Quindi, fatemi il sacrosanto piacere di smetterla di esaltare la gioventù come se fosse chissà quale valore aggiunto: un giovane è soltanto un anziano con più capelli e privo di qualsivoglia esperienza. Parliamo dei vecchi, invece: la categoria più negletta e maltrattata degli ultimi cento anni. Da quando il Buce ha cominciato ad egutturare “Giovinezza, giovinezza!”, il giovanilismo si è impadronito della nostra visione del mondo: e non ha mai mollato la presa.
L’anziano si è sentito felicitare dei peggio difetti: misoneista, benpensante, rincoglionito, disutile trombone, zavorra sociale. Poco importa il fatto che il 99% delle scoperte scientifiche, dei capolavori letterari, dei più rilevanti progressi umani sia da ascrivere a persone di una certa età.
Un tempo, essere vecchi voleva dire godere di rispetto e stima: gherusìa e senato sono lì a testimoniarlo, con la loro inequivocabile etimologia. Oggi, in questo mondo deculturato, disumanizzato, illustrato da emeriti deficienti assurti al rango di influenzatori della massa ovina e bovina, l’anziano è poco più che razzumaglia da adibire alla pattumiera. E degli anziani il potere se ne strafrega.
Il risultato è che, in Italia, esiste un gravissimo problema, legato all’esistenza e alle aspettative di vita dei vecchietti. La verità è che un anziano costa un fracco di soldi: lo Stato ce li abbandona tra le braccia, come fossero residui di produzione. E le nostre mamme, i nostri babbi, i nonni, gli zii e gli avoli in generale sono una spesa mostruosa per chi se ne debba occupare: va da sé che tutti ce ne vogliamo occupare e che per tutti è una batosta.
A Bergamo, una casa di riposo costa dai 2.000 euro al mese in su: una badante h24, tra contributi, tredicesima, tfr e fine settimana di straordinari, costa pure di più. Le pensioni, lo sapete, cari electomagici, per solito non arrivano a quelle cifre: ergo, si erode il gruzzoletto risparmiato in quarant’anni di lavoro, si conta sul contributo di figli e nipoti oppure si finisce in mezzo alla strada. Mica tutti i pensionati sono come Lamberto Dini o Giorgio Napolitano.
Così, ci si deve arrangiare: si deve quasi sempre spendere più di quanto entri in cassa. E il povero anziano si sente come una specie di sanguisuga, anche se non succhia sangue nemmeno nei più sfrenati incubi notturni. Il che è una colossale vergogna.
Un Paese che trascuri i propri giovani è un Paese senza futuro: un Paese che trascuri i propri anziani è un Paese senza morale. E, quando si dice il caso, l’Italia brilla in entrambe queste demeritorie attività. Avete presente quegli slogan tipo: prima gli Italiani? Ecco, sappiate che le cose stanno così: i nostri amministratori si occupano, nell’ordine, degli immigrati, degli Italiani, degli anziani. Come se gli anziani fossero apolidi. Guardo mia mamma, 97 anni, che sta leggendo i racconti di Ivo Andrič nell’edizione de “I Meridiani”: poi, penso agli studenti in piazza per il clima e al loro ministro che li vorrebbe giustificare. E mi sorge spontaneo dal cuore un colossale vaffanculo