Tempi duri per Marina Giordano, storica ed inimitabile protagonista di “Un posto al Sole”, soap in produzione dal 1996, amatissima dagli Italiani, che racconta la vita degli abitanti di un condominio, Palazzo Palladini, situato sulla collina partenopea di Posillipo.
Villa Volpicelli in realtà, che non ho mancato di visitare con mia sorella, in una rocambolesca avventura notturna a piedi dalla Stazione di Napoli.
Agli albori della mia esperienza in Electomag, ora Electomagazine, avevo espresso la significatività di questa soap nella mia vita, un terapeutico serial, appuntamento serale immancabile dopo una giornata di lavoro, dal lunedì al venerdì sul Canale di RAI 3.
In fondo racconta la storia di tutti noi, coglie temi di attualità mescolando fantasia e vita vera.
Inevitabile spesso l’immedesimazione in storie, personaggi ed eventi, colti dalla cronaca e dal quotidiano.
Marina Giordano, interpretata da Nina Soldano, che anche chi non segue il serial tv forse ricorda come Miss Sud di Indietro Tutta di Renzo Arbore, è una delle colonne portanti della storia.
Una donna estremamente affascinante e sofisticata, abile imprenditrice, legata a Roberto Ferri da una lunga, travagliata e a volte tossica storia d’amore.
Inutile ricordare che molta Italia segue con estrema affezione ed entusiasmo, anche nei social lo sviluppo di questa storia, che ha la ormai rara caratteristica di durare inalterata nel tempo, pur con burrascosi cambi di rotta e vicende alterne.
Ma tornando a Marina, attualmente si trova rapita e segregata in un una località segreta da Fabrizio Rosato, con cui si era nel frattempo sposata, travolto della gelosia del suo rapporto con Roberto a tal punto da architettare dapprima l’avvelenamento della coppia e infine il rapimento di lei, proprio nel momento in cui Roberto e Marina si sono ritrovati ad amarsi di più di prima e a progettare un definitivo futuro insieme.
La sparizione di Marina è accompagnata da una lettera di addio tale da consolidare in tutti la supposizione, visti i trascorsi, che sia una scelta autonoma e responsabile da rispettare, un nuovo abbandono di Roberto, il quale a sua volta alterna momenti di perplessità ad altri di accettazione della situazione.
Segregata in una stanzetta, incatenata al letto e continuamente sottoposta alle dichiarate “amorevoli” attenzioni dell’uomo, Marina è a pezzi vittima di una persecutoria violenza fisica e morale.
Fabrizio dichiara di fare tutto questo per lei, per il suo unico bene, per liberarla definitivamente dall’amore malato di Roberto Ferri.
In effetti, chi dichiara di agire per il bene di un altro andrebbe guardato con sospetto.
Ogni puntata è un trauma, una sofferenza, manifestata apertamente anche sui social, nei profili dedicati, con accorate richieste agli autori di far terminare al più presto il supplizio, pena l’abbandono definitivo della visione del programma.
C’è chi giura davvero di non guardare mai più la serie.
In effetti l’assoluta privazione della libertà di movimento, di espressione che trasmette questa vicenda costituisce un vero tormento.
Però stupisce la reazione così accanita del pubblico.
Perché tanto scalpore.
Catarsi?
In fondo, una visione più distaccata della vicenda, la fa apparire come una metafora trasversale anche geniale, di eventi di cui abbiamo una percezione diretta, di esperienza che abbiamo anche recentemente vissuto e viviamo e che non risulta abbia comportato nette prese di posizione e decisivi cambiamenti di canale.
Ma, nella vita come nella soap, auspichiamo e bramiamo il deus ex machina o comunque un repentino lieto fine.