Il 4 maggio di cinquant’anni fa usciva il primo disco del Banco del Mutuo Soccorso, quello che in seguito sarebbe stato ricordato come “Il Salvadanaio”. Un album originale sin dalla copertina, che riproduceva, appunto, un salvadanaio e che sarebbe stato in seguito croce e delizia dei collezionisti in quanto non si riusciva a trovargli un posto vicino agli altri a causa della sua forma molto particolare.
Erano anni in cui, tra i giovani, prevalevano due passioni: la politica e la musica. Due interessi solo in apparenza distanti. Dall’Inghilterra e dagli USA era arrivata da poco la musica di protesta: Dylan, la psichedelia, il festival di Woodstock e l’Isola di Wight. La musica si era trasformata in un veicolo che raccoglieva le istanze di cambiamento che pervadevano i movimenti giovanili. Il Sessantotto era trascorso da poco e continuava a infiammare i cuori degli adolescenti. Non schierarsi a destra o a sinistra era praticamente impossibile. A sinistra si leggevano le pallosissime opere di Karl Marx e della Scuola di Francoforte, mentre sul versante opposto si alternavano i libri di Julius Evola con Il Signore degli Anelli di Tolkien.
Il Nascente filone Prog, aveva proposto sonorità nuove ad entrambi gli schieramenti. Gruppi quali Pink Floyd, Jethro Tull, Genesis, EL&P, King Krimson e Gentle Giant mettevano tutti d’accordo. Erano ventate di aria fresca in un ambiente giovanile che si preparava a massacrarsi in nome di non meglio chiarite posizioni contrapposte e che avrebbero di lì a poco portato all’epoca degli Opposti Estremismi prima, e degli Anni di Piombo poi.
Anche in Italia ci furono gruppi musicali che intesero raccogliere quel testimone per dare vita a “qualcosa” che si inserisse in quel filone.
Nel 1971 era uscito Collage, il primo disco de Le Orme, che si rifacevano, come sonorità e formazione, agli Emerson Lake and Palmer. Nel gennaio dell’anno successivo veniva pubblicato Impressioni di Settembre, il primo album della Premiata Forneria Marconi, preceduto da un singolo che già aveva suscitato enorme interesse.
Ma con il “Salvadanio” si ebbe un salto di qualità. Se Orme e PFM riecheggiavano stili d’oltremanica, il Banco era ben radicato nella tradizione italiana. Fin dai primi solchi si poteva ascoltare un recitativo chiaramente ispirato all’Ariosto e al suo Orlando Furioso. Nelle tracce successive si parlava di guerrieri che morivano in battaglia, di personaggi che si inoltravano nel Giardino del Mago, con evidenti echi al genere letterario che, nel 1972, non si chiamava ancora Fantasy. La musica era certamente rock, ma gli echi delle arie barocche, del melodramma e della miglior tradizione melodica italiana erano presenti ovunque. E poi i musicisti, capitanati dai due fondatori del gruppo, i fratelli Gianni e Vittorio Nocenzi, era gente che sapeva suonare, che aveva idee originali, che sapeva costruire sulle liriche del cantante e frontman Francesco Di Giacomo, strutture armoniche e melodiche complesse ma gradevoli, che riuscivano a non scadere mai nel banale.
Il successo fu immediato. A partire dalla natia Marino, nei Castelli romani, il Banco si lanciò in una tournée che toccò anche i paesi più piccoli, e che non tolse al complesso il tempo per realizzare, nel corso dello stesso anno, il loro secondo lavoro, vale a dire “Darwin!”.
Il gruppo, con Vittorio Nocenzi unico superstite della formazione originaria, è tornato recentemente a produrre dischi e a fare concerti. Proprio per festeggiare il cinquantenario del loro primo lavoro saranno in giro per l’Italia per tutta la prossima estate. Francesco Di Giacomo, morto in un incidente d’auto nel febbraio del 2014, è stato sostituito da cantante Tony D’Alessio; ma l’impatto sonoro che la band riesce ancora a produrre dal vivo è pressoché immutata. E poi i classici sono sempre classici.