Claudio Facchinelli, matematico di formazione ed eclettico negli interessi, si è occupato di divulgazione scientifica, di memoria della Shoah, e di teatro. Il suo ultimo lavoro “Lumpatius Vagabundus. Sulle tracce di Nikolay Sudzilovskij, medico e rivoluzionario” (€uro 18,00 p. 156) pubblicato da Gaspari Editore, ricostruisce con metodo scientifico, attento e critico, utilizzando fonti russe, bielorusse, giapponesi, statunitensi e hawaiane, sottoposte a un severo vaglio critico, la vita di Nikolaj Sudzilovskij, medico, populista e rivoluzionario nato a metà dell’Ottocento in Bielorussia, quasi ignoto alla storiografia occidentale nonostante si sia confrontato con personaggi importanti della sua epoca, come Marx, Bakunin e Sun Yat – sen.
La sua fu la vita avventurosa di un uomo in anticipo sul suo tempo, svoltasi in quattro continenti (Europa, America, Oceania e Asia), cercando di realizzare un’utopia progressista con progetti di notevole valore politico e civile, che erano però troppo audaci per la sua epoca. Uomo dalla personalità eclettica, si distinse come medico (specializzato in oculistica e in otorinolaringoiatria), lasciò importanti pubblicazioni scientifiche come etnografo, geografo (gli si attribuisce la scoperta di alcune isole del Pacifico), agronomo, chimico e biologo.
Alla produzione scientifica, si aggiunge la produzione di argomento politico, come socialista e rivoluzionario. Parlava otto lingue europee, insieme al cinese, il giapponese, l’hawaiano, e vari dialetti delle Filippine. Sudzilovskij si distinse sempre per lo sforzo di coniugare utopia e realtà, come dimostrò in Russia iscrivendosi con altri compagni all’artel’ dei carpentieri, una specie di corporazione sotto forma di cooperativa, versando i guadagni del loro lavoro in una cassa comune e condividendo la vita quotidiana con i lavoratori, consumando insieme con loro anche i pasti. Non trascurò i progetti rivoluzionari, e avendo trovato lavoro come assistente medico nella prigione di Nikolayev, organizzò la fuga di massa dei prigionieri, che fallì, obbligandolo a fuggire dalla Russia nel 1875, per evitare l’arresto.
Nello stesso anno, assume una falsa identità americana, quella del dottor John Russel, che conserverà definitivamente, negli anni successivi. Nel 1876, contribuì alla rivolta bulgara per la liberazione dal giogo dell’impero ottomano, anche se non vi partecipò direttamente, ritenendo che le masse operaie e contadine bulgare non fossero mature per una lotta socialista, in una prospettiva d’internazionalismo. Nel 1877 si laureò alla Facoltà di Medicina di Bucarest.
Russel unì l’esercizio della professione medica, lavorando come medico in un ospedale rumeno, con l’attività politica. Quando nell’aprile 1877, scoppiò la guerra russo- turca, che si combatté anche in Romania, e vi parteciparono le truppe russe, lui lavorava presso l’ospedale militare a Bucarest e sui campi di battaglia in cui, apprezzato giovane chirurgo, curò i feriti con metodologie avanzate, e si guadagnò una medaglia d’oro. Contemporaneamente, fece propaganda socialista fra i soldati e creò collegamenti con i medici russi vicini ai suoi ideali, che in seguito fornirono canali per diffondere in Russia i suoi scritti rivoluzionari.
Dopo la guerra, pubblicò e diffuse un giornale socialista “Bessarabia”, di cui fu redattore. Lavorando come medico, si trasferì a Galati, una città sul Danubio, dove diventò capo del circolo socialista e del loro giornale, con cui cercò di consolidare tutte le forze rivoluzionarie della Romania. All’inizio del 1879 è a Iasi, nella Moldavia rumena, dove prese parte al circolo socialista. L’anno successivo, scrisse un opuscolo che costituì, per la Romania, il primo manifesto del movimento socialista. Ciò che colpisce di questo documento scritto quasi mezzo secolo fa, come osserva l’autore, è che accanto agli elementi fondamentali del socialismo, come l’abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione, l’abolizione del centralismo amministrativo (un’idea che si rivolge già al federalismo), dichiarazioni utopiche, come il superamento della competizione e dell’odio tra le nazioni, sono presenti anche rivendicazioni come il diritto all’educazione e all’istruzione per tutti, l’emancipazione delle donne e la riforma della famiglia, fondata sulla comunione delle idee, prima ancora che sulla parità economica, sociale e politica.
Temi, questi ultimi, che come rileva Facchinelli, sono ancora oggi oggetto di battaglie civili non ancora, non ancora completamente vinte. Queste insieme con altre iniziative, irritano le autorità rumene. Nel 1878, Russel organizzò i funerali civili del compagno di lotta Nicolae Zubcu Codreanu, manifestazione ch fu considerata un oltraggio alla Chiesa ortodossa, e a causa di ciò, fu privato del diritto di ricoprire incarichi statali. Nel 1881, Nikolaj si accinse a preparare una grande manifestazione per commemorare la Comune di Parigi del 1871, che avrebbe dovuto tenersi il 18 marzo. Le autorità consolari russe in Romania, non accettarono quella che appariva come una pericolosa apologia della rivoluzione e chiesero il suo arresto. Mancavano i presupposti giuridici per adempiere questa richiesta, ma il governo di Bucarest, già pressato da precedenti interventi, fu obbligato a espellerlo e a rimandarlo in Russia, nonostante i suoi meriti, dove gli erano stati attribuiti tutti i crimini dei rivoluzionari populisti, compreso l’assassinio dello zar Alessandro II, avvenuto pochi giorni prima, il 13 marzo, rischiando la prigione, la deportazione e forse la fucilazione. Imbarcato insieme alla famiglia su un vapore francese diretto a Costantinopoli, dove sarà preso in consegna dagli agenti russi, al momento dello sbarco, riuscirà rocambolescamente a fuggire.
Sudzilovskij- Russel, essendo ricercato nella maggior parte degli stati dell’Europa orientale e impossibilitato a esercitare stabilmente la professione di medico, nell’agosto del 1887 s’imbarca per l’America. Dopo un periodo trascorso a New York, si trasferì a San Francisco, dove già si trovava un altro fratello, Emil. L’America nella visione utopica di Nikolaj, è la patria della democrazia e dell’uguaglianza e grazie alla sua competenza e al suo carisma, diventò il medico più popolare e ben pagato di tutta la California. La sua reputazione si diffuse specialmente fra la popolazione slava, non solo come medico, ma anche per la sua azione in difesa dei poveri e degli oppressi, al punto d’essere eletto vicepresidente di una società di beneficenza greco- slava.
Aiutò economicamente la colonia russa di San Francisco, offrì rifugio agli emarginati e mandò denaro in patria, dove era un importante punto di riferimento per l’intelligencija e le avanguardie. Contemporaneamente, continuò a scrivere saggi sulla necessità di una riforma in Russia e fece giungere clandestinamente i suoi scritti, mediante gli amici europei.
La sua visione idealizzata dell’America però s’infranse, quando poté osservare da vicino la società americana, ripugnandogli in particolare, il suo sfrenato individualismo. Prima di lasciare l’America, deluso e amareggiato, s’impegnò in una battaglia civile. Numerosi pazienti di Nikolaj si lamentarono con lui del nuovo vescovo ortodosso, Vladimir, già primate delle isole Aleutine e dell’Alaska, messo a capo della chiesa ortodossa russa dell’America settentrionale. Durante il XIX Secolo, l’emigrazione russa assunse una grande rilevanza, e lo zar coinvolse il clero ortodosso nella ricerca dei settari, degli aderenti o simpatizzanti dei movimenti rivoluzionari. In pratica, le alte gerarchie ecclesiastiche all’estero, erano uno strumento della polizia segreta, impegnata a individuare i nemici del governo.
I parrocchiani di San Francisco si accorsero d’essere pedinati, e riferirono al dottor Russel le intromissioni del clero nella loro vita privata. Al vescovo Vladimir si attribuivano anche furti, appropriazioni indebite del denaro della chiesa, un trattamento crudele verso gli studenti del seminario, oltre ad aver fatto venire più di venti bambini dall’Alaska, di cui si diceva che li sfruttasse per lo spaccio della vodka e avesse con loro rapporti carnali. Nikolaj presentò in nome della comunità ortodossa di San Francisco una petizione al Santo Sinodo di Pietroburgo che denunciò la malversazione e la pedofilia di Vladimir, chiedendone la destituzione. Il vescovo reagì con una campagna diffamatoria nei confronti di Nikolaj e la scomunica nel gennaio del 1890. Russel gli intentò causa per danni d’immagine e materiali, cui il vescovo reagì con un anatema.
Si scatenò uno scandalo che ebbe echi in particolare sulla stampa locale, che divise la comunità russa di San Francisco in due fronti contrapposti. Il vescovo Vladimir rischiò l’arresto, ma riuscì a evitarlo. Nikolaj scrisse anche allo zar Alessandro III e a Konstantin Pobedonoscev, autorevole giurista, consigliere dello zar e procuratore del Santo Sinodo. Pobedonoscev comprese la gravità della situazione e fece leva sull’amor di patria comune a entrambi, per mettere termine allo scandalo. Nikolaj accettò, la scomunica fu annullata e Vladimir fu trasferito a Voronez, una città nel Sud- Ovest della Russia e sostituito, dopo tre settimane, dall’archimandrita Innokentij.
Vi furono però delle conseguenze. Il governo imperiale russo, inviò un nuovo console a San Francisco, con l’incarico di screditare Nikolaj che, logorato e depresso, lasciò l’America e assunse l’incarico di medico di bordo su un vapore che faceva la spola fra San Francisco e le Hawaii e, affascinato dal paesaggio di quelle isole, nel maggio 1892, dopo aver ottenuto la cittadinanza americana, si trasferì a O’aho, l’isola più popolata delle Hawaii. Colpito dalla diffusa ingiustizia sociale che caratterizza la vita nelle Hawaii, sviluppa un suo progetto per il futuro del paese, che dal suo punto di vista, dovrebbe diventare una repubblica con un forte governo centrale, indipendente dai condizionamenti americani, perché come sosteneva:“ La diversità e la mescolanza sociale, nazionale, economica e religiosa rendono necessaria la ferma autorità del governo; e questa indipendenza dalle interferenze straniere non può essere raggiunta senza un prolungato e doloroso processo di lotta civile”.
L’autore osserva che sono parole che impressionano perché non solo marcano la distanza dal diffuso razzismo che permeava la mentalità dei coloni bianchi, ma individuavano anche un tracciato di lotte future, necessarie perché quel meticciato etnico e culturale non fosse annientato, ma diventasse una risorsa. Un concetto, rimarca l’autore, che ancora oggi ha difficoltà a essere percepito dalla mentalità occidentale. Incoraggiò l’uso della lingua hawaiana nelle scuole e iniziò a creare delle specie di circoli rivoluzionari, e nelle riunioni spiegava ai Kanaka, con un linguaggio semplificato, i principi e i contenuti delle opere di Marx.
La sua azione di propaganda politica portò alla nascita di un partito, L’Home Rule Party, che sosteneva l’indipendenza delle isole dagli Stati Uniti e una riforma sociale e sanitaria. In seguito alla promulgazione di una tassa sul caffè, Sudzilovskij difende le ragioni di un gruppo di coltivatori di Ola’a. Presa coscienza dell’impotenza politica di questi agricoltori non organizzati, Russel diede vita alla costituzione di un’associazione che tutelasse i loro interessi comuni, e ne fu eletto presidente. Come rappresentante ufficiale dei coltivatori di caffè, entrò nel Consiglio dei Commissari per l’Agricoltura per il Distretto di Hi’lo. Nello stesso anno, il 1898, gli Stati Uniti annetterono le Hawaii, dando a Russel la possibilità di un coinvolgimento più impegnativo nell’attività politica.
Nel 1900, su sollecitazione del Presidente degli Stati Uniti, William McKinley, vi fu una riforma amministrativa, e si tennero le elezioni. La competizione parve interessare solo i due principali contendenti: il partito repubblicano, più forte, e quello democratico (i nomi dei due partiti furono presi dai corrispondenti partiti americani). I leader repubblicani pensavano che i nativi, che rappresentavano la maggioranza dell’elettorato, avrebbero distribuito i voti fra i due partiti maggiori, assicurando così la supremazia dei repubblicani sostenuti dagli haole (gli stranieri). Trascurarono però un elemento importante: nella popolazione locale, da un paio di decenni, con il cosiddetto primo Rinascimento hawaiano, si era radicata una forte consapevolezza della loro identità etnica e culturale, sostenuta dall’azione capillare di Russel.
La comunità dei Kanaka Maoli non si sentiva rappresentata e non era d’accordo sulla consegna del loro paese agli Stati Uniti. Inaspettatamente, l’Indipendent Home Rule Party vinse le elezioni e Russel, che si era candidato con loro, con il nome di Kauka Lukini, fu nominato Senatore. L’anno seguente, nel febbraio del 1901, Sudzilovskij, diventò Presidente del Senato, cioè Capo del Parlamento della Repubblica delle Hawaii. Nikolay, pieno di entusiasmo, si sente finalmente pronto a realizzare su vasta scala, il sogno di giustizia sociale, per cui si era impegnato tutta la vita. S’impegnò subito, infatti, per realizzare una serie di riforme socialmente avanzate: l’abolizione della pena di morte, l’introduzione dell’istruzione secondaria gratuita, una riforma radicale del sistema fiscale, controllo statale sulle bevande alcoliche, distribuzione di terreni, tasse sul capitale e sul commercio, sanità pubblica, riforme del diritto agricolo, riforme delle imprese, istruzione pubblica, biblioteche scolastiche.
Il suo sogno di giustizia sociale, però, s’infranse contro la resistenza congiunta degli haole e degli stessi Kanaka, che l’avevano eletto. Gli haole, infatti, decisi a difendere i loro privilegi e il loro potere economico, scatenarono una violenta campagna di stampa e fecero leva su un genere di razzismo di tipo opposto, quello dei Kanaka e innato nella loro natura più profonda, nei riguardi di una persona che, nonostante tutto, consideravano un alieno, uno straniero sbarcato da poco più di cinque anni nella terra dei loro antenati.
Questa strategia diffamatrice ebbe successo, in particolare dopo la bocciatura della legge sul controllo degli alcolici. Osteggiata dai nativi, cui Nikolay teneva molto perché era astemio e considerava l’alcolismo un flagello sociale. Sconfitto su diversi fronti, si dimise e rifiutò la proposta di partecipare alle elezioni che si tennero nel 1902. Nikolaj dunque, deluso dall’esperienza hawaiana, si volse verso l’ultimo temerario progetto in Estremo Oriente.
Sbarcò a Shangai nell’ottobre 1903 e vi rimase per nove mesi. Il suo progetto era liberare i russi deportati in Siberia, in maggioranza prigionieri politici, e trasferirli in Cina. Come copertura e per pagarsi la trasferta, usò la sua professione di medico. Per raggiungere il suo scopo, cercò accordi con gli Honghuzi, spietati briganti già attivi durante la rivolta dei Boxer, cercando di far leva sulla loro avversione verso l’impero russo. Il progetto si ampliò, quando nel febbraio 1904 scoppiò la guerra russo- giapponese. Nikolaj fece propaganda socialista tra i prigionieri russi catturati dai giapponesi, per favorire un’azione rivoluzionaria militare in Russia, fermandosi in Giappone un anno, dal giugno 1905.
Il progetto prevedeva che un esercito di circa quarantamila soldati russi internati nei campi di prigionia giapponesi, ormai trasformati in convinti rivoluzionari, sbarcassero a Vladivostok e all’estremità sud della penisola della Kamcatka, a Petropavlovsk. A essi avrebbero dovuto unirsi le divisioni dislocate nell’Estremo Oriente. La Transiberiana li avrebbe portati attraverso la Siberia, dove avrebbero conquistato le principali stazioni. All’armata rivoluzionaria si sarebbero uniti i politici liberati dai campi di lavoro forzato e i reparti di proletari pronti per la rivoluzione: fino all’arrivo a Mosca e a Pietroburgo, per sostenere la rivolta nelle due capitali. Nel frattempo, si doveva accordarsi con il Giappone, perché restituisse le armi ai prigionieri e fornisse le navi per lo sbarco in Siberia. Nikolaj aveva anche bisogno del coinvolgimento e della collaborazione del Comitato centrale del Partito socialista rivoluzionario, in cui militavano dei suoi vecchi compagni di lotta.
Il progetto ancora una volta fallì, a causa di una spia zarista infiltrata nei vertici del Partito socialista rivoluzionario, che avvertì il governo zarista, il quale intervenne velocemente schierando sul fronte orientale un massiccio contingente militare per respingere l’esercito rivoluzionario. Provato da questo ennesimo fallimento, Sudzilovskij trascorse gli ultimi tra le Filippine e la Cina, dove morì nel 1930.