Tutto ciò che viene fatto per amore è sempre al di là del bene e del male. Chi siamo noi, come direbbe un sociologo prestato al papato, per giudicare Nietzsche? E, di conseguenza, chi siamo noi per criticare l’ennesima pagliacciata di Matteo Renzi che è servita solo per rilanciare Maria Elena Boschi? Sì, forse qualcuno si era illuso che il bugiardissimo mantenesse un briciolo di coerenza e mandasse a casa il governo degli Incapaci. Qualcuno sperava che la farsa del referendum perso (“se perdo lascio la politica”) fosse solo un brutto episodio ormai superato.

Macché. Per amore Matteo ha bruciato quel minimo residuo di credibilità che gli era rimasto. Non per hybris, come in occasione del referendum, per autocompiacimento, per presunzione. No, per amore, solo per amore. Ed allora bisogna comprenderlo, perdonarlo. Al cuor non si comanda, e pazienza se sull’altare della passione si sacrifica il futuro di 60 milioni di sfigati.
Certo, bisogna riconoscere al bugiardissimo il merito di aver fatto modificare il pessimo piano governativo per incassare i miliardi europei. Però le modifiche appaiono più formali che sostanziali. All’insegna della farsa tipica di questo governo. Si riducono i fondi destinati direttamente alle boldrinate, ma solo perché vengono spalmati nelle varie voci di spesa, ma l’utilizzo è sempre il medesimo. Lo spreco è sempre il medesimo.

Però, per giustificare la marcia indietro inevitabile, Matteo non si accontenta di far contenta Maria Elena. Deve pretendere anche il rimpasto. Un rimpastone, addirittura. Anche in questo caso mica gli si può dar torto. Il governo degli Incapaci dovrebbe essere cambiato in toto, dal presidente del consiglio all’ultimo dei sottosegretari. Renzi si accontenta di un rimpasto sostanzioso. Almeno può liberarsi di elementi come De Micheli, magari di Bonafede.
I pentastellati difendono Azzolina, non per nascondere le sue evidenti lacune come ministro, ma perché proprio con la sua incapacità si è trasformata nel simbolo da tutelare a prescindere. Dopo aver ceduto su tutto, compreso ciò su cui avevano ragione, si arroccano su ciò che dimostra la loro inadeguatezza.
Ovvio che il Pd, che diventa l’azionista di maggioranza del governo post rimpasto, non sia disponibile a sacrificare troppe pedine. Va bene rimandare a casa De Micheli, se trova un treno in direzione nord, ma il pessimo Franceschini non si tocca. Anche se molti, all’interno del Pd, sarebbero ben felici di liberarsi di un concorrente estremamente pericoloso. Ed estremamente dannoso per l’Italia, ma questo non interessa.

E il “dopo”, per Matteo? Potrà manovrare meglio per le nomine di sottogoverno, per collocare i suoi amici nei posti di potere che contano veramente. Poi il tempo lo aiuterà a far dimenticare la sua inaffidabilità e potrà prepararsi ad un nuovo giro di valzer. Con Maria Elena e con ciò che resterà di Forza Italia. D’altronde Renzi è consapevole che una sua uscita dalla maggioranza sarebbe seguita dall’ingresso in maggioranza dei “responsabili” individuati da Berlusconi. E a quel punto non potrebbe neppure far contenta la Boschi.