Sogni, progetti, vittorie, sconfitte, gioia, malinconia, affetti, amicizie, amori. E tanto altro. Sono le molte caratteristiche del libro “Rita Levi-Montalcini, una donna libera” (Rubbettino editore) , firmato dalla giornalista Carola Vai, prima biografia completa sull’unica donna italiana ad aver vinto il Premio Nobel per la Medicina.
In trecento pagine si scopre la cronistoria basata sui fatti di una donna estremamente indipendente, lodata e denigrata, eppure decisa a vivere il più possibile secondo i propri desideri, ma sempre attenta a non offendere le persone che la circondavano. Con un racconto giornalistico, l’autrice narra la vita di una torinese famosa in tutto il mondo, con sullo sfondo i principali fatti storici che hanno influenzato la sua esistenza: due guerre mondiali, i bombardamenti sulla sua città natale, Torino, le leggi razziali, le fughe, i viaggi, gli incontri con papi, re, regine, capi di Stato e di Governo.
Una vita frenetica accompagnata senza sosta dall’amicizia tanto forte da sconfinare nell’amore con il collega Renato Dulbecco. I due Premi Nobel per la Medicina, fin dal loro incontro, nelle aule dell’università di Torino, sono attratti l’uno verso l’altro finendo per vivere un affetto che nessuna avversità della vita, lontananza, legame con altre persone distrugge.
Carola Vai dedica molti capitoli del libro all’affettuoso rapporto tra i due amici, a cominciare dal primo viaggio in nave compiuto insieme verso l’America, ai molti incontri nelle rispettive abitazioni, laboratori di ricerca, congressi, convegni, feste. Rita che mai si è sposata, ha ammesso di “aver molto amato” senza mai rivelare i nomi di coloro che tale sentimento avevano suscitato in lei, eccetto i due fidanzati ufficiali di gioventù: prima Germano, poi Guido.
Renato Dulbecco, invece, si è sposato due volte, ma nulla e nessuno ha mai appannato i suoi sentimenti verso Rita. I due scienziati hanno vissuto fino alla fine in una sorta di gara per mostrarsi al meglio l’uno all’altro: nella scienza, nella cultura, nella musica, nell’oratoria in pubblico, persino nell’eleganza. Un amore mai dichiarato, ma nemmeno nascosto. .
Nel libro di Carola Vai si scopre che i due scienziati per l’intera vita si scambiarono sogni, speranze, idee, progetti. Rita, nata il 22 aprile 1909 a Torino, aveva 5 anni in più di Renato nato il 22 febbraio 1914 a Catanzaro. La differenza anagrafica al loro arrivo all’università, secondo Rita, contribuì alla loro amicizia perché entrambi a disagio avendo lei superato i 20 anni e lui appena 16 anni, risultando lei la più grande, lui il più giovane. Negli anni universitari si erano guardati, ammirati, stupiti. E si erano persi. Quando si sono ritrovati, dopo la guerra, tutto era diverso. Loro erano diversi. Avevano conquistato l’audacia, ma avevano impegnato la libertà personale.
Alla partenza verso gli Stati Uniti, Dulbecco era sposato. Rita sostenne di lasciare la patria con una certezza: evitare il matrimonio per potersi dedicare completamente alla ricerca scientifica. Forse a indurla definitivamente alla decisione fu anche l’inconfessabile sentimento verso il brillante collega. Un caso molto chiacchierato il loro rapporto che nessuno dei due mai smentì anche se Rita, alla soglia dei novant’anni, in modo vezzoso ammise: “Dulbecco innamorato di me? Si diceva, ma non credo”, ma poi aggiunse: “eravamo molto amici, e così siamo rimasti. Un rapporto di amicizia speciale, particolarmente intenso, che è durato tutto il tempo. E che continua anche oggi. Sono io che gli ho fatto iniziare gli studi in fisica”.
Dopo la morte di Dulbecco avvenuta nella sua casa americana, il 20 febbraio 2012, Rita rilasciò ai giornalisti poche parole ufficiali di addio al caro amico. La scomparsa dell’amatissima gemella, Paola, nel 2000, l’aveva molto addolorata, ma non distrutta. L’addio eterno di Renato Dulbecco invece è stato fatale. E dieci mesi dopo, il 30 dicembre 2012, se ne è andata per sempre.
Una vita quella della scienziata accompagnata da molte polemiche dove l’ateismo, la straordinaria capacità di relazione, la ricchezza hanno fatto ritenere a qualcuno che il suo Premio Nobel fosse immeritato e ottenuto troppo facilmente. Carola Vai dimostra che non è così , ridando al personaggio la sua giusta luce: quella di una donna eccezionale che nonostante l’apparente fragilità fisica, aveva dentro di sé la forza di una guerriera senza paure, un modello femminile valido anche oggi. Da questo punto di vista il libro “Rita Levi-Montalcini, una donna libera” offre un esempio positivo per qualsiasi tipo di esistenza: giovane e meno giovane, femminile e persino maschile.