Dopo tanta attesa (non da parte mia, certo..) è arrivato il primo, vero, assaggio dell’estate.
Certo, manca ancora al Solstizio, più di un mese. Ma le stagioni astronomiche non corrispondono a quelle metereologiche. E qui, detto papale papale, fa già un caldo boia…
“Scusi prof…” la solita mora con gli occhi brillanti di malizia. “Posso chiederle una cosa che non c’entra niente con Leopardi?” e sorride. È l’ultima ora, e, come sempre, mandano avanti lei. Ci sa fare. Farà carriera. Magari in diplomazia.
Dimmi..
“Ecco, volevo chiederle…ma lei ha davvero voglia di fare lezione oggi? Con questo sole… Con questo caldo…” e il sorriso è, se possibile, più accattivante dell’usuale.
Taccio. E guardo dalla finestra. La strada assolata. Sporca e polverosa. I cofani delle macchine che scorrono abbaglianti. L’odore delle immondizie non raccolte da giorni – cambia amministrazione, ma questo non cambia mai – giunge sino alle nostre finestre. Al terzo piano. Altro che profumo di glicine. È un maggio odoroso. Ma non come intendeva il conte Giacomo…
Torno a guardare la classe. Sono tutti muti. In attesa.
Poi…
No. Non ne ho nessuna voglia neppure io, oggi.
Ed esplode il bailamme. Il Boro e i coatti inscenano addirittura un trenino…come se stessimo passando la linea dell’Equatore….
Se arrivasse qualche collega mascherata…o addirittura la Dirigente, in visita pastorale di controllo…meglio non pensarci.
“Lei è umano prof…” guardo la ragazza.
Perché, i professori cosa dovrebbero essere? Alieni? Robot?
Sorride.
“No certo…ma sa, tanti suoi colleghi, a volte, lo sembrano…”
“Diciamo pane ar pane…molti so’ dei rompi*** da niente…” il Boro, naturalmente. Gli lancio un’occhiataccia. Ma deve venire fuori poco convinta. Lui mi sorride con aria felice…
Beh, noi professori dobbiamo insegnare. Ci pagano per questo. Poco, ma ci pagano (risatine. La battuta è vecchia) e sono io che sbaglio, ora. Mi si potrebbe accusare di danno erariale (ossessione dei Dirigenti, sic!)
“Ma prof…ci sono suoi colleghi che ci impediscono di abbassare le mascherine per mangiare….durante la ricreazione. Che è alle 13,20”
Già…secondo certe colleghe avremmo dovuto costringerli a una dieta liquida. E nutrirli con la cannuccia. Perché l’importante è La Sicurezza! Ovvero la loro paura di morire….e poi magari insegnano Epicuro….lo penso, naturalmente. Soltanto. E non lo dico.
Vedete, ragazzi, i professori sono umani, come tutti gli altri. Chi più, chi meno (altre risate) ed hanno le stesse paure degli altri. Delle malattie, della guerra.. Di morire…
“E lei nun ce l’ha sta paura, professo’? De morì, intendo…”
Mi guardano. In silenzio ora. Ventiquattro paia d’occhi che mi fissano.
Respiro fondo…
No, ce l’ho. Ma in un modo diverso. Perché il problema è da giovani. Quando ci si sente, ci si vede come immortali. Con gli anni si comprende che non è così… Che siamo fragili. Mortali. Che nessuno può sfuggire alla morte.
“E allora la paura dovrebbe crescere, no?” la glaucopide..
No, invece. Non dovrebbe. Perché quando comprendi che qualcosa é inevitabile, naturale, dovresti accettare senza tante storie. Certo, a tutti scoccia morire. Ma stare a pensare a questo, rende solo difficile, anzi impossibile il vivere.
“Però tanti vecchi hanno paura…”
“E ce stanno a frantuma’ da due anni co sta storia del Covid” chiosa il Boro ” manco te permettono de respira’ per paura che li contagi..”
Sorrido
Beh, così avete scoperto che essere al mondo da molti anni non significa avere davvero vissuto. E che essere vecchi non implica, oggi, l’essere diventati saggi. Un tempo era diverso…anche perché alla vecchiaia ci arrivavano in ben pochi. Ma tutti vivevano più intensamente…
Suona la campanella. Mi preparo a uscire. Mi volto e…
Una giornata oziosa, ragazzi. Non vi ci abituate. Non posso sprecare ancora ore.
“No prof.” la mora mi guarda senza la solita luce di malizia “Oziosa no. E comunque, io ho capito più oggi di Leopardi che in tutte le altre lezioni…”
Questa, proprio, non me l’aspettavo.
Esco.