È una verticale storica di Uvalino Uceline di Cascina Castlèt, quella in programma domenica 31 marzo, alle 12, a Uvantica, l’evento sui vitigni rari e quasi scomparsi ospitato alla Locanda del Monacone di Viarigi (Asti), creata da un grande giornalista come Lorenzo Falbo e dalla sua famiglia.
Cinque le annate in degustazione: 2006, 2008, 2009, 2011 e 2012.
Per Mariuccia Borio, produttrice di Costigliole d’Asti, una scommessa vinta: oggi produce circa 5 mila bottiglie di quel vitigno oramai raro ma un tempo assai diffuso tra i filari dell’Astesana, in Piemonte. Da anni Cascina Castlèt, crede e finanzia la ricerca universitaria per custodire e tramandare la coltivazione di Uvalino sulle colline di Costigliole. Una ricerca che dura da quasi 30 anni.
«L’Uvalino ha sempre fatto parte della mia vita. Pe noi bambini, la raccolta dell’Uvalino era una festa – racconta Mariuccia Borio – Nel 1992 impiantai il primo filare. Oggi ho circa un ettaro e mezzo di uvalino, in due vigneti. La prima annata in commercio fu la vendemmia 2006: uscì nel 2009. Oggi ne produco circa 5 mila bottiglie. È un vino che deve essere apprezzato con qualche anno d’età».
Una ricerca che è stata un importante investimento economico, ma soprattutto di credibilità. Dalla vendemmia 1995, inizia la collaborazione con l’Istituto sperimentale per l’Enologia di Asti. Il progetto fu presentato nel giugno 2003 in occasione del VII International Symposium of Oenology di Arcachon, organizzato dall’Università di Bordeaux, dove vennero presentate le più importanti ricerche europee in campo vitivinicolo.
L’iter burocratico per rendere l’uvalino un vitigno riconosciuto e permesso è durato alcuni anni. Il 16 luglio 2002 la Gazzetta ufficiale sentenzia la rinascita dell’uvalino che viene inserito come varietà riconosciuta.
L’Uvalino Uceline 2012 si potrà anche degustare al Vinitaly nello stand di Cascina Castlèt al Padiglione 10 Stand L3. Altri vini in assaggio: Vespa Barbera d’Asti docg 2017 e 2018, Litina Barbera d’Asti Superiore docg 2016, Passum Barbera d’Asti Superiore docg 2016, Policarlo Monferrato Rosso 2016, Ataj Chardonnay doc 2018, Castlètrosé 2018, Goj Barbera del Monferrato frizzante doc 2018, Moscato d’Asti docg 2018, Avié Moscato Passito 2012.
LA STORIA DELL’UVALINO
Era la bottiglia più preziosa da regalare al dottore, al podestà, al farmacista e al prete: un vino di lusso per far bella figura. Poco di scritto è rimasto su questo vino, ma le testimonianze orali permettono di attestare la sua presenza in Piemonte almeno dagli ultimi anni dell’Ottocento. Da quell’epoca, risulta diffuso in tutta l’Astesana meridionale, con il cuore nella zona di Costigliole d’Asti.
Si può dire che fino a una cinquantina d’anni fa in tale area non esistesse azienda agricola, per quanto piccola, che non destinasse all’Uvalino almeno un paio di filari dei propri vigneti. Le caratteristiche varietali dell’uva in questione portano a escludere che si tratti di un vitigno forestiero importato e acclimatato in tempi recenti, o comunque nel corso dell’Ottocento. Veniva utilizzato in purezza e passito soltanto dalle famiglie più illustri e abbienti, e si connotava così con un segno di distinzione.
Avere qualche bottiglia di Uvalino in casa era un segno di benessere, oggi diremmo uno status symbol.
IL NOME
L’Uvalino di Cascina Castlèt si chiama Uceline. Il nome non è scelto a caso, ma dopo una approfondita ricerca dello storico Gianluigi Bera: con esso agli inizi del Seicento, nella collina torinese e in Astesana, si designavano uve a maturazione talmente tardiva da essere vendemmiate quando le viti avevano perso tutte le foglie, al punto che gli uccelli se ne cibavano largamente.
L’AZIENDA
Trenta ettari di vigna che racchiudono un sogno diventato progetto, un progetto che nasce da due idee semplici: rispettare la natura ed essere al passo con la tecnologia. Questa è Cascina Castlèt. Da sempre i Borio coltivano la loro proprietà con vitigni autoctoni, quelli che più parlano della famiglia, Barbera, Moscato, Uvalino, Nebbiolo, ma negli anni hanno scommesso anche su Cabernet Sauvignon e Chardonnay. Nascono così i vini Cascina Castlèt, da uve risolute e con nomi coraggiosi, Passum, Policalpo, Avié, Litina, Goj, Ataj e Uceline. Ogni nome racchiude una storia, un racconto, un piccolo aneddoto della famiglia e del territorio.
La cantina di Cascina Castlèt ha due anime: una vecchia cantina, interrata e al cui interno ci sono presenti grandi botti in rovere da 34 ettolitri, e un nuovo locale di affinamento, con barrique e tonneaux, macchine moderne e sofisticate, linea di imbottigliamento automatizzata, acciaio. Tutto questo vuole essere coerente con il principio che coniuga il rispetto della natura e l’essere al passo con la tecnologia, in ogni fase di vinificazione. L’azienda produce energia pulita con un impianto fotovoltaico e utilizza un moderno impianto di fitodepurazione naturale delle acque reflue di cantina. I vini vengono bevuti in tutto il molto: da New York a Tokyo, da Oslo a Sidney fino alla Nuova Caledonia. Il posto più lontano è l’isola di Bonaire, nelle Antille Olandesi.