Si sa. I ricordi sono come le ciliegie o, se preferite, come i cioccolatini: uno tira l’altro. Così, sollecitato da alcuni amici, tutti rigorosamente affezionati ai piacevoli effluvi del tabacco che si incenerisce all’interno di un fornello di radica, mi sono venuti alla mente alcuni altri personaggi che hanno legato il loro nome alla pipa.
Molti di essi sono tra i più importanti scrittori e poeti del secolo appena trascorso. Oltre ai già citati Hemingway e Pavese vale dunque la pena di ricordarne alcuni altri.
Innanzitutto Giuseppe Ungaretti. Il maggiore poeta italiano del Novecento era originario della Lucchesia, anche se era nato ad Alessandria d’Egitto. E la regione di Lucca, laddove scorreva “il Serchio / Al quale hanno attinto / Duemil’anni forse / Di gente mia campagnola / E mio padre e mia madre”, è forse più di altre terra da tabacco. Vi si trova, infatti, la più antica manifattura ancora in attività, nata nel lontano 1861, in contemporanea con la proclamazione del Regno d’Italia. Una manifattura che produce Toscani e gli ultimi trinciati da pipa prodotti in Italia da foglie di tabacco nostrano. Sulla grandezza di Ungaretti e sulla sua influenza sull’arte italiana non è qui il momento di disquisire. Ma il suo amore per il lento fumo è ampiamente testimoniato da numerose immagini che si possono facilmente reperire sul web.
Altro appassionato fumatore fu Umberto Saba. Nato a Trieste nel 1883, quando la citta giuliana si trovava ancora sotto il dominio dell’Impero Austro-Ungarico, fu il poeta che più di altri riuscì a discostarsi dalle correnti più diffuse del Novecento, riuscendo a parlare di argomenti ritenuti “bassi”, con linguaggio semplice e diretto, in un’epoca in cui dominava il cosiddetto “Ermetismo”. Forse Saba non scrisse mai una poesia dedicata alla pipa. Ma Vittorio Sereni, così lo ricordava in una sua poesia scritta nel 1948: “Berretto pipa bastone, gli spenti / oggetti di un ricordo. / Ma io li vidi animati indosso a uno / ramingo in un’Italia di macerie e di polvere”.
Ma se per Ungaretti e Saba la pipa era un’abitudine quasi sottaciuta, per un altro grande della nostra letteratura come Dino Buzzati il discorso è diverso.
L’autore del Deserto dei Tartari non soltanto era un appassionato fumatore ma scrisse addirittura un libro sull’argomento. Si tratta de “Il libro della Pipa”, uscito in edizione numerata nel 1946 e ristampato successivamente nel 1966. In realtà l’idea venne in mente a Buzzati e a suo cognato Giuseppe (detto “Eppe”) Ramazzotti, già nel 1936, allorquando cioè usciva il primo romanzo dello stesso Buzzati, vale a dire “Barnabò delle Montagne”. In effetti il libro venne scritto a quattro mani. Lungi dal voler essere un manuale, il testo si presenta come un divertissement, un gioco fatto di intuizioni, fantasmagorie e giochi di parole senza un filo narrativo ben preciso.
“Volevamo – ha confessato in merito Giuseppe Ramazzotti – scrivere un libro sì sulle pipe, ma strano, diverso dal solito”. Tra notizie tecniche e felici intuizioni, la fantasia degli autori prende il volo e si avventura in un mondo fantastico nel quale il lettore si perde e si diverte. Se anche la protagonista assoluta è la pipa, qua e là si adombrano personaggi dell’attualità dell’immediato dopoguerra che il lettore è chiamato a scoprire in un gioco che coinvolge intelligenza e sentimenti. In seguito Buzzati scrisse la prefazione per “Introduzione alla Pipa” del 1975, un libro decisamente più tecnico dello stesso Ramazzotti, che però non manca di spunti divertenti anche se un po’ datati.
Peccato che le due opere non siano più state ristampate e siano reperibili soltanto sui siti di libri usati o, se siete fortunati, su qualche bancarella.
5-(continua… ancora…)
1 commento
Finalmente un articolo sulla pipa ben fatto ed interessante