Leggo… per caso, sul web, in una serata stanca, afosa, malinconica… Leggo una frase di James Hillman sull’essere al mondo. Il contesto mi dice poco, come un po’ tutta questa filosofia ridotta in pillole, cui fb e gli altri Social ci hanno ormai assuefatti. Da Platone a Giorgio Gaber. Tutto uguale. Tutto allo stesso livello…
Però un frammento di frase mi colpisce. Hillman definisce la persona umana “unica e irripetibile”.
Mi colpisce e…
Devo dire che per Hillman ho sempre nutrito una qualche simpatia… La mia formazione, e la mia stessa natura, non mi hanno mai portato a sposare in modo entusiastico le, diverse, teorie psicoanalitiche. Per farla breve, ho sempre avuto l’impressione che il mito di Edipo, così come narrato da Sofocle, spieghi Freud. E non il contrario. Ovvero, il mito è molto più vasto, arioso, profondo, di qualsiasi interpretazione razionale per quanto geniale e ben costruita sia..
Tuttavia Hillman mi è simpatico. Il vecchio Stregone, come veniva chiamato, aveva dei lampi di genio. Delle intuizioni. Come in alcune parti del suo “Il codice dell’anima”. E poi avevo particolarmente apprezzato la sua “Psicologia del giocatore di scacchi”. Mi aveva fatto capire, finalmente, perché sono una vera pippa davanti alla scacchiera.
Però questa affermazione sull’unicità e l’irripetibilità della persona umana mi lascia…alquanto perplesso. A dir poco. In sostanza, mi suona come moneta falsa.
Perché, se mi guardo intorno, che la persona umana sia davvero così unica e eccezionale non mi consta proprio. Anche se tutti noi ci lusinghiamo di essere tali. Perché l’idea ci piace. Ci conforta, almeno in apparenza. Ed ho la sensazione che Hillman, da vecchio marpione della psicoanalisi, abbia proprio voluto vellicare la nostra…vanità.
Gli uomini, in generale, e quelli che conosco, incontro e in particolare io stesso, mi sembrano piuttosto corrispondere ad un numero, alquanto limitato, di tipologie. Intendiamoci, non sto parlando di caratteri etnici, genetici o, per carità, razziali. Anche se alcuni tratti somatici sono ricorrenti. E, in certo qual modo, specchio dell’anima.
Mi viene da pensare a Teresa de Avila. Grande Santa. Grande Dottore della Chiesa. Ma ben poco letta. Perché non era certo una Santa facile, tutta opere di bene e dolci sorrisi. Era una dura, Teresa. Con una vita, prima del Carmelo, diciamo pure… intensa. E conosceva bene la natura umana.
Bene, Teresa, nel Castello, ci descrive quattro tipologie umane attraverso animali allegorici. Quattro, non infinite. Poi, Lafferty, che ne riprende spunto in quello strano e geniale romanzo escatologico che è “Quarta Fase” – di cui ho già parlato più volte, perché tutti abbiamo diritto alle nostre fisse – ne aggiunge una quinta. La più comune e diffusa. Il Verme piatto. E non credo che necessitino altri chiarimenti. Perché qui l’unica è non ti curar di lor ma guarda e passa. Che poi i danteschi Ignavi altro non sono che vermi. Piatti. Come quelli che si abbarbicano e tormentano le loro gambe.
Ma anche gli altri uomini – quelli che con espressione rubata (più o meno proditoriamente) ad Evola, potremmo chiamare “differenziati” – alla fine si riducono a quattro tipi fondamentali. Tassi, falchi, serpenti e rospi. Per chi volesse saperne di più, naturalmente, la lettura, diretta, del Castello di Teresa de Avila…
Io, qui, mi limito a citarlo per mettere in luce l’assurda pretesa dell’uomo contemporaneo di essere unico. E insostituibile. Che solo uno sguardo allo scorrere del tempo e della storia rende…risibile e ridicola. Il mondo ha potuto fare a meno di Alessandro Magno e di Aristotele…e non potrebbe fare a meno di te, che giri con la mascherina in auto da solo, lavi le zampe del cane con l’amuchina, vivi segregato in casa per paura di prendere il raffreddore? Ma andiamo…un po’ di senso del ridicolo, per favore!
E poi tutte le grandi tradizioni, tutte le grandi religioni ci dicono il contrario. Dal Buddhismo al Cristianesimo. Quello vero naturalmente, non quello del disinfettante al posto dell’acqua santiera…
Esagero? Vado sempre a parare sugli stessi temi? Forse…
Però, vedete…proprio questa nostra tracotante pretesa di essere unici, irripetibili, è alimento alla nostra paura. A quella paura che ci fa vivere in modo indegno, vergognoso, privo di ogni dignità. Che aliena i rapporti affettivi. Che distrugge il senso di comunità…
Basta così. Non mi va di fare la morale a chicchessia…. Io so di non essere unico e irripetibile. Spero solo di non essere un verme piatto. E mi piacerebbe, lo ammetto, essere un Falco.
Ma questo, temo sia solo un sogno di inizio estate.