Un bagnino – di quelli che la geniale e generosa Concita Borrelli, su Rete 4, vorrebbe pagare 6 euro all’ora – viene aggredito in spiaggia per aver invitato una coppia ad uscire dall’acqua. Altrove ci si picchia per uno sguardo di troppo, per una precedenza non data, per un parcheggio, per i fiori innaffiati sul balcone. E si uccide anche per meno. Non è colpa del caldo, dello stress, del lavoro, della povertà o dall’invidia. La colpa è del politicamente corretto che ha impedito a tutti di rispondere alle difficoltà con una sonora risata.
La tristezza viene insegnata fin da bambini. Una presa in giro tra compagni di scuola viene traformata in un atto di bullismo stigmatizzato da mamme ansiogene e insegnanti ossessionati. Tutti privi di memoria. Perché intere generazioni sono cresciute, senza traumi, sentendosi storpiare i cognomi, sentendosi presi in giro perché troppo alti, troppo bassi, troppi magri, troppo grassi. E più avanti negli anni, perché troppo foruncolosi, troppo sfigati con i primi amori, troppo scarsi negli sport, troppo secchioni a scuola. Tutti erano sempre troppo in qualcosa. E tutti imparavano a ridere di sé stessi prima ancora che degli altri.
Si imparava a sdrammatizzare. La fine di un amore era l’inizio di una storia successiva, non la fine del mondo. Certo, si finiva spesso a fare a botte. E ci si ritrovava amici per sempre di quelli contro cui si era picchiati. I balbuzienti non si rivolgevano alla giustizia se, in tv, qualcuno raccontava una barzelletta su di loro. Non si offendevano i genovesi ed i biellesi per le battute sulla loro taccagneria. Anzi, il grande attore genovese Gilberto Govi ne faceva una fonte di autoironia.
Ed il grande Walter Chiari, in pieni Anni di piombo, poteva ironizzare sull’antifascismo ottuso salutando, a teatro, quelli della prima fila e quelli della Decima. E gli scherzi feroci di “Amici miei”? La satira offensiva e corrosiva di Dario Fo? L’ironia intelligente, e per nulla tenera, di Giorgio Gaber?
La demenza del politicamente corretto ha cancellato tutto. Ciò che non è riuscito al terrorismo, è riuscito alla generazione di sfigati che non sopportavano il divertimento e la felicità altrui. Non l’invidia sociale ma l’invidia della capacità di vivere ridendo.
Altro che Il nome della rosa! Anche il sorriso è diventato sospetto. E la conseguenza inevitabile è una società violenta. Violenta perché si prende sul serio. Dove il sopruso ed il branco hanno preso il posto dello scherzo. Ovvio: la battuta, l’ironia, lo scherzo, la zingarata richiedono intelligenza ed almeno un briciolo di cultura. L’aggressione del branco, la passione acritica per dei dementi trasformati in rapper di successo richiede solo la rinuncia alla capacità di pensare. Ciò che volevano i burattinai dei politicamente corretti.