Eraclito era detto l’oscuro. Perché la sua opera – che, secondo la tradizione, depose ai piedi di Artemide, nel grande santuario di Efeso – ben pochi erano in grado di leggerla. E ancor meno di comprenderla.
Tuttavia resta, per i frammenti che ci sono giunti, forse il massimo esempio di quella “sapienza folgorante” di cui parla Giorgio Colli. Che si dedicò allo studio dei, cosiddetti, pre-socratici. Ad un sapere, dunque, che precedeva lo sviluppo della razionalità. Di cui Socrate fu la levatrice. Il maieuta.
La sensazione di un pensiero che giunge come folgore da un altrove di cui non abbiamo né conoscenza né ricordo, è resa più forte proprio dalla frammentarietà di questi autori. Di Eraclito più di tutti.
E il nostro filosofo di Efeso davvero molte folgori ci scaglia. Non solo quel “tutto scorre” spesso citato a sproposito. Di rado compreso, se non in superficie.
Eraclito parla della realtà. E ci dice che di giorno gli uomini, tutti, hanno un solo mondo in cui vivere. Ma poi, nel sonno, ciascuno torna al suo Universo.
Se la si legge bene, sembra un delirio. O una frase sul mondo dei sogni. Che è sostanzialmente diverso per ognuno di noi. Potrebbe, così, apparire banale. Certo che ognuno ha il suo, personalissimo, mondo dei sogni. Sia ad occhi chiusi che, in alcuni casi, aperti.
Ma Eraclito parla di Universi. Diversi. Dai quali proveniamo. Come se noi non si fosse creature terrestri, ma esseri giunti da altri pianeti. Che però normalmente sono dimentichi della loro origine. Se non quando dormono…
Mi viene in mente un libro di Yukio Mishima. Il libro più strano del gigante – con Kawabata – della letteratura giapponese contemporanea. Parlo di “Stella meravigliosa”, un libretto apparentemente fantascientifico, genere non proprio consono all’ autore. E pertanto trattato con sufficienza dalla critica. Invece, merita di essere letto.
Parla della famiglia Osugi, una normale famiglia giapponese. In apparenza. Perché, in realtà, tutti i componenti vengono dalle Stelle. Non una sola Stella, però. Da stelle, o meglio pianeti diversi. E ne sono coscienti. Una coscienza che si traduce in un profondo senso di solitudine. Alieni per gli altri uomini, gli Osugi non sono nemmeno affini fra loro.
La fantascienza non c’entra un tubo. Mishima sta indagando sulla, disperata, solitudine dell’uomo moderno. E usa la metafora degli Alieni, per spiegare l’alienazione propria della società contemporanea. Senza giungere, però, ad alcuna risposta definitiva.
Risposta che, forse, è in Eraclito. La nostra solitudine deriva dal dover vivere con persone che provengono da altri Universi. Nei quali noi torniamo solo col veicolo del sognare.
Ne deriva, però, anche un’altra conseguenza. Logica, ma certo non gradevole per le orecchie contemporanee. E soprattutto molto, ma molto politicamente scorretta.
Gli uomini non sono tutti uguali. Anzi, la diversità, profonda, li caratterizza.
Può dare fastidio, ma spiega anche molte cose. Noi conduciamo un’esistenza che via via appare sempre più grigia e monotona. In mezzo a persone con le quali, sinceramente, abbiamo ben poco da dirci. Siamo estranei. Stranieri gli uni agli altri. Anche, anzi sopratutto, con quelli con cui viviamo, che amiamo. O che crediamo di amare. Per questo, forse, l’idea dell’amore eterno ci appare, nel tempo, come la piu assurda delle illusioni. Causa continua di dolore. Sofferenze che ci segnano e, nel tempo, ci rendono cinici. O, per lo meno, non disposti più ad innamorarsi. Perché stanchi di star male… Di fraintendere ed essere fraintesi…
Tuttavia, gli Universi di cui parla Eraclito possono essere innumeri. Ma non infiniti. Il che significa che, di tanto in tanto, incontriamo qualcuno che ha la nostra stessa origine. Che viene dalla nostra stessa Stella. E vi ritorna in sogno.
Con quel qualcuno si tesse un rapporto strano. Una consonanza profonda. Qualcosa che risuona in noi al di là delle distanze di tempo e di spazio.
Un gruppo di amici che si incontrano al massimo una o due volte l’anno. Eppure è come se fossero sempre insieme. Un legame molto più stretto della quotidianità.
Un amore che neppure vorresti chiamare così. Che non ha senso logico alcuno. E che, però… risuona. Senza bisogno di convivenza. E neppure di rapporti consumati. E che, appunto, normalmente consumano la relazione. E la portano a morire. Spesso anche in malo modo. Sempre, comunque, con sofferenza.
Ma questo non avviene nell’universo dove si è insieme nel sogno. Perché si appartiene alla stessa stirpe. Si è affini, profondamente. Non alieni.
Scherzando, mi viene da pensare che, il buon vecchio e oscuro Eraclito, stesse in fondo parlando della Tavola Rotonda. E del Mistero del Sacro Amore.
Bene. Ora torno nella quotidianità. A fare il Marziano in giro per Roma, come nel geniale testo di Flaiano. Portato sugli schermi in un filmetto di nessun successo. Dove però il Marziano lo faceva un astratto e stralunato Pippo Franco… Per tutto il resto…. vi è il mio universo ove vado sognando. E dove posso incontrare i miei simili…
1 commento
Purtroppo questo scritto mi toglie le parole, anche quelle poche che mi appartengono o,meglio,che mi possiedono.Forse perché mi tocca troppo dentro, perché quell’ alienazione l ho provata molto presto, fino a desiderarla senza più fingere dove possibile.La prima alienazione si prova esattamente all interno della famiglia.Ma chi prova quello è già destinato a tutto il resto ed alla solitudine del satiro,con l avanzare degli anni.Tante cose potrei dire, se ci fosse ancora una ragione o una spinta come un tempo! Quando la penna aveva la sua funzione olistica mentre camminava tra le righe, come fosse il nostro stesso corpo quando cammina sulle strade(della vita).E così mi lasciava abitare dal sogno,da Artemide,dal futuro che si alimenta del passato,tempo infinito e dunque non tempo.cerchio,infondo come la Tavola Rotonda a cui si fa riferimento parlando del mistero del Sacro Amore, che non conosco e di cui vorrei sapere qualcosa di più, cosa si voleva intendere qui.
Dinanzi a tale diversità,che taluni sentono profondamente e che in casi estremi può persino portare ad una alterità, dissociazione da sé complessa e finanche patologica, c è un punto in cui si può respirare un po’ di ossigeno, quando si dice che i mondi,per Eraclito,sono innumeri, ma non infiniti, aprendo, così,alla possibilità di risonanza, di affinità, dunque speranza per vivere,ossia relazionarsi allo scopo di conoscere il mondo e conoscere meglio sé.
Speranza che ritorna, il colore verde di cui ancora non ho parlato, per stanchezza, per perdita, per mancanza, per sfiducia sempre più “dolomitica”.
Le immagini scelte aprono ad altri cerchi,per me.Quell ombra de Il Pensatore(o IL POETA)di Rodin, che ha una sua storia iniziale che lo legava a Dante(che ritorna anche oggi), per la sua PORTA DELL INFERNO,distrutta da lui stesso dopo tanto lavoro.
E poi i filosofi Eraclito, appunto, di un certo autore e Democrito, per mano del grande De Ribeira a cui altri dipinti di filosofi mi riportano.
Viviamo di attese, della Luce della Notte,mentre il disinganno,ormai,ci divora,vincente.