No, non è un Paese per giovani, l’Italia. E non solo perché un governo che affida la scuola ad Azzolina dimostra di odiare gli studenti. E non solo perché i governi che favoriscono la fuga dei cervelli dimostrano di aver paura dei laureati. E non solo perché il terrorismo di esperti a gettone vorrebbe vietare i baci tra giovani innamorati nei corridoi di scuola o ai tavolini dei bar. Ma anche per aver distrutto ogni sogno di futuro cancellando le opportunità di lavoro.
Così, mentre i ministri del governo degli Incapaci promettono improbabili rimbalzi e crescite esponenziali del Pil, arrivano i dati impietosi dell’Istat. E si scopre che l’occupazione giovanile è precipitata sotto il 40%. L’occupazione, non la disoccupazione. Nel 2008 superava il 50%. Ma i cialtroni possono comunque eccitarsi perché il tasso di disoccupazione complessivo si è leggermente ridotto. Peccato che, ancora una volta, l’Istat elimini ogni illusione: non si è ridotto per un aumento degli occupati ma, semplicemente, perché è calato il numero di chi, un lavoro, prova a cercarlo.
Tra renitenti alla vanga, felici di ricevere il reddito di cittadinanza senza alzarsi dal divano, e persone volenterose ma ormai prive di speranza, la ricerca del lavoro viene abbandonata. Pigrizia da un lato, rassegnazione dall’altro. I meravigliosi effetti delle politiche del lavoro del governo degli Incapaci. Così Incapaci da non accorgersi che un Paese non può stare in piedi mantenendo un esercito così numeroso di inattivi che, nel complesso, hanno ormai superato i 14milioni senza considerare i bambini ed i ragazzini sotto i 15 anni e gli anziani con più di 64 anni. E Incapaci anche di capire che, senza l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, manca lo spirito innovativo, manca la spinta al cambiamento e manca pure la possibilità di fare esperienza nei tempi giusti.
Così ci si ritrova con veterinari che confondono le ossa di un cane con quelle di una donna vittima di un omicidio o con esperti in ricerche di corpi che, per giorno e giorni, non trovano il cadavere di un bambino mentre un carabiniere in pensione lo individua in un paio d’ore.