Il “partito Mediaset” diventa sempre più influente nelle strategie di Forza Italia, man mano che il consenso elettorale va scemando. Un partito che, immancabilmente, ignora le posizioni ufficiali di Tajani e degli altri caporali di giornata. E che risponde, certo, a Berlusconi. Ma a Pier Silvio, non a Silvio. È lui, il figlio del sultano di Arcore, a stabilire la linea filo Pd, di prostrazione di fronte a Mattarella, di servilismo nei confronti dei grandi potentati economici e soprattutto finanziari.
E se Pier Silvio, con la sua corte, traccia il solco, è la spada di Mimun che lo difende. Sguinzagliando la redazione del Tg5 a dar la caccia ai 5 Stelle ed alle destre. Con l’arma dell’ironia per evidenziare le inadeguatezze pentastellate e con l’arma dell’indignazione politicamente corretta per colpire i teorici alleati di nonno Silvio.

Non bastano i testi imbarazzanti letti dalle conduttrici e dai conduttori del Tg. Il vero spettacolo è rappresentato dalle loro espressioni di compatimento o di disgusto a seconda del nemico da colpire. Cesara Buonamici, Elena Guarnieri, Costanza Calabrese, Alberto Bilà. C’è solo l’imbarazzo della scelta. Senza dimenticare il grande esperto di Storia ad usum Delphini, Roberto Olla.
La profonda costernazione con cui annunciano la “durissima repressione” a Mosca mentre scorrono le immagini del povero dissidente represso che, a bordo del cellulare che lo conduce in carcere, legge il suo documento di protesta a favore di telecamere. Ma nessuno ricorda analogo diritto di parola per i gilet jaunes arrestati a Parigi, o per i contestatori italiani sui furgoni della polizia. E la rabbia dei telegiornalisti di fronte ai giovani che bevono l’aperitivo? Mentre fingono indifferenza per le resse di colleghi che pendono dalle labbra di Conte o Draghi.

Ovviamente non finisce solo con l’informazione del Tg5 o del TGcom 24 (nonostante le origini famigliari del direttore di quest’ultima testata giornalistica). Perché il partito Mediaset si occupa di ogni ambito. Che sia uno spettacolo musicale o un reality, una serie tv autoprodotta o un telefilm americano da riproporre, l’importante è che rispetti pedissequamente le imposizioni del pensiero unico obbligatorio. Guai a parlare in italiano corretto al grande fratello vip: espulsione immediata. Mentre gli inviti nelle trasmissioni/spazzatura di Barbara D’Urso o Maria De Filippi devono garantire l’omaggio rituale al cappello del politicamente corretto. Stile Guglielmo Tell. O Fantozzi.

Vietato esprimere un pensiero libero al di fuori dell’area riservata nelle trasmissioni di Porro, Giordano, Del Debbio. Non proprio uno spazio equilibrato rispetto al tempo complessivo dedicato al pensiero unico obbligatorio.