I paracarri restano fermi, sul ciglio delle strade di campagna. E lì vengono, a poco a poco, corrosi dal tempo e dalle piogge .
Gli uomini camminano. Si spostano. Cambiano dimora. Cambiano vita e stile di vita. Migrano.
Le idee camminano con gli uomini. Ed è sempre difficile fermarle. Perché tu puoi cercare di mettere un argine al movimento degli uomini, costruire mura e valli. Riuscire a tenerli fuori…almeno per un certo tempo…
Ma con le idee no. Non lo puoi fare.
Le idee sono…subdole. Si insinuano come serpi o lucertole nello “sbrecciato muro d’orto” (mi perdoni Montale) che hai costruito. E entrano nel tuo orticello. E ti mangiano la lattuga e i ravanelli…
Le idee sono come foglie, meglio ancora, spore portate dal vento. Superano leggere le barriere. E cadono sul tuo bel prato all’inglese. Uniforme e monotono. Che credevi perfetto e ordinato. E poi arriva una pioggia. E dai semi, dalle spore, vengono su ortiche, strani fiori, piante infestanti. Il tuo bel giardino ordinato diventa una selva. Selvaggia e caotica.
Tu credi di avere una dimora sicura e perfetta. Dove tutto deve restare per sempre uguale. Ne sei orgoglioso, sino alla arroganza. Pensi che nulla possa, né debba mai cambiare. Mai. Arrivi fino al punto di scrivere, nelle tue leggi, nelle tue regole, nelle tue costituzioni, che una cosa – il sistema politico, la democrazia, la repubblica, un codice di diritto – è…irreversible. Immutabile. Insomma… Eterno.
Ma tutto scorre, diceva il vecchio Eraclito detto (chissà perché?) l’oscuro. E tu, se ti immergi in un fiume, non ti puoi bagnare due volte nella stessa acqua.
E se prendi un manuale di storia, uno da scuola media di una volta, niente di che, ti accorgi che molte volte gli uomini sono stati così arroganti. E che hanno creduto, o meglio si sono illusi che quello che avevano intorno a loro fosse…perfetto. Destinato a durare per sempre. Qualcuno lo ha anche scritto. Buon ultimo Francis Fukuyama. “La fine della Storia e l’ultimo uomo”. Siate sinceri: è possibile concepire un titolo più arrogante e supponente di questo?
La storia, o meglio, come dicevano gli antichi, le storie, al plurale, non hanno, né possono avere, fine. Per lo meno fino a che esisteranno uomini. Così come le idee. Che non conoscono barriere. Che non possono venire rinchiuse da confini. Imprigionate. Proibite. Non vi è riuscita la Santa Inquisizione. Non vi è riuscito l’occhiuto sistema sovietico. Che proibiva le opere dei “dissidenti”. Negava loro il diritto di stampa. Imprigionava gli autori in Manicomi di Stato. Ma le opere circolavano dattiloscritte. Di mano in mano. La stagione del Samizdat. Che ha generato capolavori. “Arcipelago Gulag”, “Il dottor Zivago”, quella stupenda favola metaforica che è “Il Maestro e Margherita”.
L’oligarchia sovietica fu costretta a prendere atto che non si può fermare la circolazione del pensiero…
Dove non è riuscito Stalin, il Maresciallo, non riuscirà Joe Biden. Che, se permettete, ha ben diversa statura storica e politica. E non riusciranno i nuovi oligarchi di Bruxelles. Né i loro padroni della City e di Wall Street.
Vietare ad Alexander Dugin di venire in Occidente, metterlo fuori legge in tutta l’Europa occidentale non è che il tentativo finale di cancellare, anzi ostracizzare le sue idee. Che possono essere condivise o avversate, criticate o accettate solo in parte. Ma che non possono venire ignorate, cancellate. Messe in silenzio.
Hanno tentato di ucciderlo. Ed hanno ucciso sua figlia, Darya, davanti ai suoi occhi. Ora, fonti delll’intelligence statunitense ammettono che l’attentato è stato ordinato da Kiev. Dall’aspirante premio Nobel per la pace (mancato, almeno per ora..)
Come dicevo le idee di Alexander Dugin possono essere criticate. Anche con asprezza. Ma questo cercare di annichilirle con divieti e, addirittura, tentativi di omicidio è, non solo, vergognoso e indegno. È soprattutto inutile. E rivela solo una cosa. Una grande paura.
La paura che qualche pianta diversa, qualche seme portato dal vento, venga a turbare l’ordine apparente di quel, piatto e monotono, prato all’inglese che è la nostra società.