Il voto per le elezioni generali in Uruguay ha visto la partecipazione del 73,6% dei due milioni e settecentomila cittadini aventi diritto.
Come pronosticato dai sondaggi sarà necessario il secondo turno di domenica 24 novembre per determinare chi sarà il nuovo inquilino del palazzo presidenziale del piccolo Stato sudamericano.
L’ex sindaco della capitale Montevideo Daniel Martínez, candidato in ticket con Graciela Villar Nuñez dal Frente Amplio (Fronte Ampio, FA), si è fermato al 39,2% dei consensi, ben lontano dal 50% che gli avrebbe consentito di evitare il ballottaggio. Con poco meno di un milione di voti il sessantaduenne candidato socialista ha distanziato del 10,6% il principale inseguitore, Luis Lacalle Pou del Partido Nacional de Uruguay (Partito Nazionale dell’Uruguay, PN) fermatosi al 28,6%.
Il quarantaseienne liberista, figlio dell’ex presidente Luis Lacalle Herrera, ha, però, già ottenuto la convergenza del candidato del Partido Colorado (Partito Colorato, PC) Ernesto Talvi, fermatosi in terza posizione con il 12,3% dei consensi, pari a poco meno di trecentomila voti, più di quelli che distanziano Lacalle Pou da Martínez. Altro apparentamento, in vista del secondo turno, potrebbe essere quello con Guido Manini Ríos di Cabildo Abierto (Capitolo Aperto, CA) sostenuto dal 10,9% dei votanti. In questo caso sarà necessaria una dichiarazione di apertura ad un governo multipartitico, come espressamente richiesto dall’ex capo di Stato maggiore dell’esercito.
In ogni caso tra un mese sarà più facile pescare nell’elettorato di chi è rimasto fuori dal ballottaggio per il candidato del PN che per quello dell’esecutivo uscente.
Contemporaneamente al voto per decidere chi si insedierà dal 1° marzo 2020 alla presidenza della Repubblica, i cittadini uruguaiani hanno bocciato con il 58,5% un referendum che, qualora fosse stato approvato, avrebbe comportato la militarizzazione della Guardia Nazionale.
Il voto per i due rami del Parlamento ha sottratto al FA la maggioranza assoluta dei seggi consegnandogli solo quella relativa, senza tuttavia metterlo al riparo da un esecutivo formato da PN, PC e CA. Al partito progressista andranno 41 o 42 seggi alla Camera sui 99 totali, al PN 30, al PC tra i 12 e i 13 e al nuovo partito di destra 11. La somma di questi tre movimenti è superiore ai cinquanta necessari per la maggioranza assoluta e lo stesso potrebbe verificarsi al Senato dove il Frente avrà tra i 13 e i 14 seggi. In questo caso il partito di Lacalle Pou dovrebbe averne 9 o 10 seguito dai 4 della formazione di Talvi e i 3 di quella di Manini Ríos. Alla Camera, inoltre, avranno un proprio eletto anche il Partito Indipendente, il Partito Verde Animalista e il Partito Ecologista Radicale Intransigente ma non Unità Popolare del deputato uscente Gonzalo Abella.