La musica di montagna, nell’immaginario collettivo delle città e delle pianure, è solo ed esclusivamente quella delle canzoni alpine. Generalmente tristi, legate alla guerra ed alla morte. Eppure cantate in cori quasi ad esorcizzare il dolore.
E il coro rimane una caratteristica della musica popolare di montagna, anche al di là delle canzoni militari. Il gruppo come senso di comunità, di partecipazione, di condivisione.
Non mancano, tuttavia, i solisti, soprattutto negli ultimi anni. Uomini e donne che, attraverso testi e musiche, raccontano squarci di vita, di pensiero, di analisi. Filosofia in musica. Come nel caso di Valeria Tron, cantautrice in patuà (lei lo scrive così) delle vallate valdesi del Piemonte.
Linguisticamente riconducibile all’Occitano, la musica e le tradizioni di queste vallate sono differenti dal resto dell’Occitania. Più simili alla Valle d’Aosta che, pure, parla una lingua diversa, il francoprovenzale.
Ma l’Occitania, terra dei trovatori, è più allegra, scanzonata, irrispettosa ed eterodossa, come sostiene Mariano Allocco, una delle figure più rappresentative del mondo occitano che si estende dalle vallate piemontesi alla Catalogna comprendendo tutte le regioni del Midi francese. Terra di mare che sale sino alle nontagne delle Alpi e dei Pirenei, terra di libertà dal signore e dalle chiese. E lo si nota nelle musiche festose, nei balli, nell’ironia che pervade persino le canzoni dei soldati che vanno a morire.
Valle d’Aosta e Valli Valdesi hanno dovuto invece confrontarsi con un potere della chiesa (cattolica in un caso, valdese nell’altro) che non ha favorito la cultura della festa laica o addirittura pagana. Dunque meno ballate popolari e più introspezione.
Quella che caratterizza le canzoni di Valeria Tron, detta Leria.
Alta come Edith Piaf (dunque poco), con una voce forte, intensa, che non ti aspetti da uno scricciolo di donna. Come non ti aspetti la profondità di testi che sono squarci di vita vera, la sua e quella della sua famiglia, della sua gente. Storie vere, dure, difficili, tragiche. Perché non è facile la vita in località alpine che non vivono di turismo ma di duro lavoro nelle miniere o nei campi difficili da lavorare e da far produrre.
Una vita dura che spiega anche certe rigidità dei barbet (il soprannome dei valdesi), penalizzati a lungo per la loro fede religiosa a differenza di chi, formalmente cattolico, viveva a pochi chilometri di distanza in vallate non meno aspre.
Il primo disco di Leria Tron, “Leve les yeux” (alza gli occhi), è stato un successo che ha travalicato le sue valli ed anche le regioni limitrofe. Critica entusiasta, concerti affollati ovunque. Eppure per pubblicare il secondo disco, che è pronto, riemergono i problemi che penalizzano la cultura delle Terre Alte: la carenza di soldi.
La cultura, in Italia, non è legata alla qualità ma ai numeri. Ed i numeri delle montagne sono piccoli rispetto a quelli delle città.
Dunque meglio promuovere l’ennesimo emettitore di rumori spacciati per musica rap piuttosto di valorizzare chi ha testi e musica di qualità ma, proprio per questo, ha un pubblico più ristretto perché l’intelligenza è sempre meno diffusa.