La banda Speranza imperversa ancora ma le Regioni tentano di rilanciare l’offerta turistica. Certo che l’idea di tornare a casa o in hotel prima di Cenerentola non incentiva le prenotazioni. Ma si guarda avanti, sempre con l’idea che l’erba del vicino sia immancabilmente più verde. Così l’assessore al turismo della Valle d’Aosta, Jean Pierre Guighardaz, ha spiegato che compito della Regione è promuovere il marchio “Valle d’Aosta”, ma a patto che prima ci sia un “prodotto” da promuovere.

Il modello a cui guardare, ça va sans dire, è quello del Trentino e del Sud Tirolo. Che, indubbiamente, è un polo di riferimento. Ma sono decenni che anche tutte le altre Regioni puntano sul turismo ed è poco credibile che la Vallée non sia stata in grado di predisporre un prodotto da promuovere. Forse, più semplicemente, è mancato il coordinamento tra le offerte.
Trentino e Sud Tirolo sono riusciti a coniugare, nell’immaginario collettivo, la produzione di mele e lo sci, grandi vini e scalate, castelli e natura, cultura e sport. La Valle d’Aosta ha le medesime caratteristiche ma un impatto complessivo decisamente inferiore. Dunque non è un problema di prodotto bensì di promozione. L’alibi, per la Vallée, è rappresentato dai numeri. Territorio più piccolo, produzione inferiore di frutta e di vino. E basta. I castelli ci sono, le opportunità per iniziative culturali non mancano, le montagne sono le più alte d’Europa.

Ma anche i numeri sulle produzioni agricole sono un falso alibi. La cooperativa Sant’Orsola non commercializza solo i piccoli frutti raccolti all’imbocco della Valle dei Mocheni. Arrivano anche da altre regioni. Così come le mele non sempre sono trentine. Dunque i numeri valdostani non sarebbero un problema se ci fosse la capacità di fare impresa.
Lo stesso vale per la cultura. Le iniziative di successo dipendono dalla qualità del progetto e da investimenti anche non colossali, non dai numeri dei residenti. E dipendono dalla capacità di comunicazione, ma questo vale per la promozione di qualsiasi attività.
Indubbiamente i privati, in Valle d’Aosta, hanno scarsa propensione alla collaborazione. Non sono abituati a fare sistema, alle sinergie. Un limite che tuttavia, tra le nuove leve, inizia ad essere superato. Ce ne sono altri da superare con un briciolo di impegno. A partire dalla ristorazione che ha poche eccellenze mentre il rapporto qualità/prezzo è spesso scorretto. Ed anche un alimento base come il pane richiederebbe più attenzione. Molta più attenzione.

È invece sensibilmente migliorata l’accoglienza alberghiera. Mica poco per un prodotto turistico. Mentre restano molto carenti i collegamenti. E non si può incolpare il privato se i treni non sono adeguati, se i bus che percorrono le vallate laterali sono insufficienti, se il servizio nelle singole località è pessimo, se i collegamenti intervallivi sono inesistenti.
Dunque non basta spendere un po’ di soldi pubblici per qualche passaggio nelle solite trasmissioni televisive che non spostano un solo turista. Meglio prevedere una promozione di livello più elevato, con messaggi mirati. E con una sinergia tra pubblico e privato anche nella predisposizione del prodotto.