Il simbolo della politica italiana? Aosta! Sette giunte regionali in sei anni per la Vallée che ha appena bocciato, grazie ai franchi tiratori, l’elezione di Renzo Testolin come nuovo presidente alla guida di una maggioranza composta da tutte le forze autonomiste valdostane (dunque niente Lega) e dal PD. Tutti d’accordo al tavolo del confronto ma non al momento del voto.
Eppure, considerando il vuoto pneumatico del programma condiviso, non sarebbe stato difficile trovare una intesa che reggesse alla prova del voto segreto. Bastava creare 19 assessorati, uno per ciascun consigliere di maggioranza, ed il gioco era fatto. Perché, ad Aosta, è evidente che si stia giocando con la politica.
Peccato che, a forza di giocare, la regione abbia perso l’immagine di “isola felice” che si era data in passato. Ma, soprattutto, ha perso ogni spinta ideale, ogni sogno che travalicasse il ruolo della politica come comitato di affari. Magari persino leciti, gli affari. Ma solo ed esclusivamente affari.
I temi “storici” quali autonomia, zona franca, lingua, cultura sono stati affidati a gruppi di volenterosi che non sono neppure riusciti ad approdare in consiglio regionale. E chi, tra gli eletti, si è impegnato a portare avanti queste proposte, ha immediatamente scordato gli impegni non appena conquistato lo scranno.
Così ci si può dedicare esclusivamente agli affari economici. Dimenticando l’ambiente – che pure dovrebbe rappresentare l’elemento di maggior fascino della Vallée – in nome del dio denaro. Tanti, benedetti e subito!
L’importante è rinchiudersi nei propri confini non per difendere la propria cultura, di cui neppure si parla più, ma per evitare intromissioni nel comitato di affari. Tutt’al più, per dimostrare di non essere fuori dal mondo, ci si occupa della guerra in Ucraina. Tanto per fare bella figura. E per il resto si spera che la voglia di sciare dei cittadini ricchi superi lo scoglio dei folli rincari degli impianti di risalita; che il caldo asfissiante della pianura porti frotte di turisti in estate; che l’energia idroelettrica continui a garantire fiumi di denaro.
E che qualche poltrona ben remunerata accontenti i franchi tiratori al prossimo giro. D’altronde anche tornare al voto dei valdostani non cambierebbe nulla. Qualche nome nuovo, qualche uscita di scena. Con le destre prive di iniziativa – e di nomi credibili – per ribaltare la situazione. E con gli esponenti dell’attuale teorica maggioranza non in grado di esprimere una politica non semplicemente affaristica.