Il Convento dei Minori ha una sua suggestione. E, semplice, bellezza. Così la chiesa, ancorché recente. Roba dei primi del ‘900. Ma cresciuta su un edificio precedente, del 1600. Di cui resta, all’interno, una Pala. Roba recente, ma l’atmosfera è… antica. Forse perché la facciata richiama (volutamente) quella di San Babila, a Milano. O, forse, perché lo spirito di un convento francescano resta, pur sempre, medioevale. Eco delle ombre del romanico. Memoria del ‘200. Delle Laudi, delle Sacre Rappresentazioni sul sagrato antistante. Delle preghiere in latino. E della prima poesia nel nostro volgare… Francesco è lontano dalle luci del Rinascimento. E dai fasti del Barocco. Rispetto alla nostra epoca è remoto. Addirittura alieno. Umbratile, come il chiostro di questo convento. Fuori da ogni tempo, in sostanza.
“Guarda quanto è bello!” e la sua voce sembra incantata. Un sussurro appena, per non turbare il profondo silenzio. Anche se siamo soli qui, in questo mattino grigio e umido, dì inizio gennaio.
Sì è davvero bello…e guardo anch’io, in silenzio, il Presepe nella cappella a sinistra dell’altare maggiore. Un tipico presepe francescano. Poche statuine, ma grandi, e di gesso. Alcuni pastori, con abiti… palestinesi. Le pecore. Un accenno di villaggio. E la Grotta con l’Angelo . La Cometa che si profila all’orizzonte. I Magi sono ancora lontani. Mancano pochi giorni all’Epifania. Ovvero alla presentazione al mondo del Bambino. Questo per la tradizione Cattolica. Perché, per quella Orientale, si deve parlare di Epifanie. Al plurale. L’adorazione dei Magi, le nozze di Canaa. E, più importante fra tutte, il Battesimo del Giordano..
Però, qui, centrale è il Bambino. O il Bambinello, come si diceva un tempo. Quello che portava i doni, prima dell’avvento di Santa Claus. E da Natale all’Epifania erano giorni tutti incentrati sulla adorazione della culla di paglia posta in una grotta. E del bimbo che irradia luce.
“Tu scendi dalle stelle, o Re del Cielo!/ E vieni in una grotta, al freddo e al gelo…”
La forma più pura e semplice di devozione popolare. Pervasa di tenerezza. Perché il Bambino questa ispira. E io la posso sentire…e soprattutto vedere ancora nei suoi occhi mentre contempla questo Presepe.
Poi, naturalmente, vi è tutto il, complesso, simbolismo. Il significato della Grotta, come luogo sacro. Centro dei Misteri. Profondità oscura, che, però, genera pura Luce. I pastori in adorazione. E l’antico Dio solare, Mithra, nasceva in una grotta da acqua pura e incontaminata. E i suoi iniziati si vestivano da pastori durante i riti. Andate a visitare un Mitreo. Quello di San Clemente a Roma…o quello che si trova, nascosto dalla vegetazione, sul Carso triestino. Scoprirete di trovarvi nella grotta della Natività. Elementi voi stessi di un presepe.
E il bue è il toro, la potenza tellurica degli istinti, ammansita. L’asino simbolo di regalità. Quando Christo entra a cavallo di un’asina in Gerusalemme, il popolo getta foglie di palma al suo passaggio. Perché lui sta dicendo: Io sono il Re!
E il Sinedrio trema.
Però, nel presepe francescano, tutta l’attenzione si concentra sul Bambino. Che è immagine di purezza. Si narra che Francesco, a Greccio, non riuscisse a trovare un neonato da deporre nella mangiatoia. La sacra rappresentazione sembrava destinata a mancare proprio del protagonista. Poi, all’improvviso, vide una luce intensissima provenire dalla grotta. E lì, nella paglia, trovò un bambino che gli sorrideva.
Vangeli dell’infanzia. Luca che ci racconta il presepe. Ad uso dei gentili. Era, non a caso, il discepolo di Paolo. Un medico di cultura greca. Forse neppure ebreo. E Matteo, il pubblicano, che parla dei Magi. Citando le scritture. E alludendo allo stretto rapporto tra il mito messianico e la Fede di Zarathustra.
E gli apocrifi, poi. Ben più particolareggiati. Avvolti in una nebbia fantastica. In un’atmosfera magica.
Tuttavia, ciò che conta davvero è soprattutto il Bambino.
L’importanza fondamentale della Natività. L’adirazione di ciò che è ancora puro. E incontaminato. Di ciò che oggi si vorrebbe profanare in nome di ideologie politically correct, dì un malinteso senso della uguaglianza e dei diritti… dietro al quale si profilano ombre sempre più oscure. Il desiderio infame dì sporcare ogni cosa. Soprattutto di negare l’innocenza. E non è necessario essere, come si suol dire, religiosi, per accorgersene. Anzi… forse proprio l’uomo che non tributa culto formale ad alcun DIO, può sentire con maggiore forza questa minaccia. E la necessità di preservare l’infanzia da tanto orrore che ci circonda…
Mi posa la mano sul braccio. Destandomi dai pensieri.
Vuoi che andiamo?
“Sì. Ma prima…mettiamo una candela alla sua mamma”.
E si dirige verso la statua della Vergine, nella cappella accanto.