A Marcello Veneziani, esponente di quella rara destra culturale quasi amata persino all’interno del grande raccordo anulare di Roma, non piace il ditino alzato da tutta la gauche caviar che si picca persino di aver qualcosa da dire oltre alle lamentele perché la servitù non è più quella di una volta e,addirittura, osa licenziarsi prima di aver aperto le ostriche.
È vero, il ditino di Cirinnà, di Letta, di Montanari – per precipitare poi al ditino di Saviano, Littizzetto, Fedez, Scanzi e Murgia – è assolutamente insopportabile. Perché personaggi di basso livello si arrogano il diritto di spiegare agli avversari ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. E ordinano, con il loro ditino minaccioso, dimissioni, licenziamenti (ma non della servitù), cambi di dichiarazioni, promozioni.
Ma le ragioni di Marcello finiscono qui. Perché il problema vero non è il ditino alzato, non è la spocchia di chi dovrebbe solo avere il dovere di tacere perché non ha nulla da dire e ancor meno da insegnare. Il problema è che gli amici di Marcello si fanno intimidire proprio da quel ditino. Così cacciano Durigon dal governo perché l’ha ordinato il ditino di Letta. Cambiano le candidature al consiglio comunale di Torino perché la gauche in redazione ha alzato il ditino contro un giovane di Fdi. Stilano liste di candidati nei vari cda delle fondazioni bancarie o di altri enti fondamentali sulla base delle indicazioni fornite da qualche gauchista con il ditino alzato.
Si può starnazzare contro il disastroso ministro Lamorgese, ma poi arriva il ditino alzato per impedire che scatti la sfiducia. Non si possono contestare le follie della banda Speranza perché gli esperti di farfalle alzano minacciosi il ditino ed impongono applausi a mascherine ed arresti domiciliari di massa.
E allora, Marcello, prima di infastidirsi per il ditino della gauche caviar bisognerebbe indignarsi per la vigliaccheria di chi si lascia condizionare dai Fazio, dalle Lucarelli, dalle Boldrini, dai Fiano. Bisognerebbe indignarsi contro chi accetta le nomine in Rai decise da chi alza il ditino; e contro chi, chiuso nel fortino interno al Gra, non osa proporre un’iniziativa culturale e politica per la paura che si alzi il ditino di un cantante, di un ballerino, di un conduttore televisivo, di un influencer. Perché il ditino tutti sapremmo consigliare come utilizzarlo più correttamente, ma contro il ditino alzato servirebbe il coraggio di alzare la voce e di fregarsene delle conseguenze mediatiche.