Le elezioni legislative per il rinnovo dell’Assemblea Nazionale, unica Camera della nazione venezuelana, hanno sorriso al Gran Polo Patriótico (GPP), la coalizione chavista di cui fa parte il Partido Socialista Unido de Venezuela (PSUV).
Con oltre il 68% dei voti e grazie alla redistribuzione dei seggi prevalentemente maggioritaria il GPP ha ottenuto ben 253 dei 274 deputati previsti; in attesa dell’assegnazione degli ultimi tre scranni alle comunità indigene l’obiettivo di recuperare la maggioranza assoluta dei 2/3 è stato raggiunto. Ben 216 sono stati eletti col sistema maggioritario ai quali vanno ad aggiungersi i 37, uno per il Partido Comunista de Venezuela (PCV) alleato della formazione socialista, su 48 della base proporzionale.
Seppur sconfitte di larga misura le formazioni dell’opposizione che si erano presentate a questa tornata elettorale, alcuni dati dovranno far riflettere anche l’esecutivo di Nicolas Maduro. Su tutti quello dell’astensione, giunta al 69% degli aventi diritto al voto.
Uno sguardo ai dati numerici, inoltre, consente di notare come anche lo zoccolo duro che ha sempre sostenuto il delfino del compianto Hugo Chávez si sia ridotto considerevolmente sia comparandolo con le ultime elezioni presidenziali, tenutesi nel maggio 2018, che con le precedenti legislative del dicembre 2015 che pure furono vinte dall’allora Mesa de la Unidad Democrática (MUD).
Proprio per questo motivo Maduro ha già aperto al nuovo presidente statunitense Joe Biden con la speranza che la politica aggressiva adottata dalla presidenza Trump possa essere modificata dal nuovo inquilino della Casa Bianca. Opzione, questa, tutt’altro che scontata se si considera che l’ultimo atto dell’amministrazione Obama, di cui Biden fu vicepresidente, fu l’inserimento del Venezuela bolivariano tra le “minacce alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti”.
Venezuela, il chavismo conquista l’Assemblea ma l’astensione è al 69%
