Il 14 luglio del 1948 Palmiro Togliatti, segretario del Partito Comunista Italiano, venne colpito da tre colpi di pistola all’uscita da Montecitorio da uno studente. Dopo l’attentato a Togliatti sembrò che in Italia stesse per iniziare una rivoluzione. Come si risolve la situazione di crisi? Vediamolo insieme.
Mattina del 14 luglio: l’attentato a Palmiro Togliatti
La mattina di mercoledì 14 luglio, l’attentatore Antonio Pallante si mise ad aspettare Togliatti in via della Missione. In questa via si trovava un’uscita secondaria di Montecitorio che Togliatti era solito utilizzare.
Alle 11:45 Palmiro Togliatti uscì dal palazzo insieme a Nilde Iotti. Iotti raccontò successivamente che Pallante sparò quattro colpi di pistola: con i primi 3 Togliatti cadde a terra, e il quarto fu sparato quando era già disteso a terra.
Solo tre, dei quattro proiettili, lo colpirono: uno al polmone sinistro, uno nella zona della milza e uno lo prese alla nuca ma non gli sfondò il cranio in quanto i proiettili non erano di buona qualità.
La pistola era stata acquistata da Pallante per pochissimi soldi e con cinque pallottole di fattura scadente con assai limitata possibilità di penetrazione. Proprio alla scarsa fattura della pistola e dei proiettili che si deve, probabilmente, la sopravvivenza di Togliatti.
Antonio Pallante: l’attentatore di Togliatti
Chi sparò a Togliatti fu Antonio Pallante uno studente siciliano di giurisprudenza di 24 anni. Durante la campagna elettorale per le elezioni del 1948 aveva militato per il Blocco Democratico Liberal Qualunquista. Pallante progettò l’attentato e, prima di partire dal suo paesino di Randazzo in Sicilia, per venire a Roma acquistò una pistola. Tutto con l’unico obiettivo di uccidere Togliatti.
Il giorno prima dell’attentato, il 13 luglio, aveva tentato di farsi ricevere dal segretario del PCI nella sede del partito. Tuttavia non ci riuscì e quindi andò a Montecitorio per assistere a una seduta parlamentare, avendo ottenuto due permessi speciali. Questo perché voleva vedere dal vivo Togliatti così da essere sicuro di riconoscerlo prima di sparargli.
Conseguenze dell’attentato a Togliatti
Togliatti dopo essere stato ferito dai colpi di pistola fu portato d’urgenza al Policlinico di Roma. Il direttore dell’Unità, Pietro Ingrao, pubblicò un’edizione straordinaria del quotidiano per raccontare dell’attentato.
Inizialmente si pensava che Togliatti sarebbe morto a causa delle ferite riportate, soprattutto del colpo alla testa. Dopo la pubblicazione del giornale la notizia diventò di dominio pubblico e ci furono le prime manifestazioni spontanee, con il ritrovo di molte persone fuori dall’ospedale.
La CGIL indisse uno sciopero generale, che peraltro fu all’origine della scissione con la CISL, con cui i sindacalisti cattolici si staccarono da quelli comunisti.
Iniziarono anche numerose manifestazioni di reazione all’attentato, organizzate in tutto il paese per chiedere le dimissioni del governo. Molti militanti comunisti le presero come un’occasione per far cominciare una rivoluzione in Italia. Dal giorno successivo iniziarono a partecipare ai cortei armati. Si susseguirono gli scontri con la polizia con il risultato di decine di morti, feriti e migliaia di arresti.
Ripresosi dall’operazione chirurgica, Togliatti invitò i dirigenti del Partito Comunista e i suoi sostenitori a interrompere le manifestazioni per evitare di un ulteriore aumento di tensione. Subito dopo il capo della CGIL interruppe lo sciopero generale.
A settembre, Togliatti tornò alla direzione del PCI e criticò chi aveva partecipato al tentativo di insurrezione.
La sorte di Pallante
Antonio Pallante subito dopo l’attentato a Togliatti tentò una breve fuga ma i carabinieri riuscirono subito a fermarlo. Un anno dopo fu processato per tentato omicidio volontario. Condannato, Pallante scontò cinque anni e 3 mesi di carcere, grazie ad una riduzione della pane e un’amnistia nel 1953.
In varie interviste che si susseguirono negli anni, Pallante dichiarò sempre di aver sparato a Togliatti di su spontanea volontà non essendo un killer a pagamento.
Nonostante le affermazioni di Pallante furono cercare possibili legami tra lui e alcuni gruppi politici, come la democrazia cristiana, gli indipendentisti siciliani e pure i comunisti sovietici.
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