Troveremo una versione di compromesso. Ormai non ci si nasconde nemmeno più quando si tratta di inventare le notizie.
E si dichiara pubblicamente che sull’assassinio di un giornalista saudita da parte di emissari del governo di Riad, omicidio avvenuto nel consolato saudita ad Istanbul, Stati Uniti ed Arabia concorderanno una versione di comodo che salvi la faccia ai colpevoli ai vertici dello Stato arabo e soprattutto alla famiglia reale. Facce di bronzo, per essere educati.
Niente sanzioni, gli Stati Uniti non rinunciano certo ai ricchissimi contratti per fornire nuove armi ai sauditi che le utilizzano per bombardare scuole e ospedali nello Yemen.
Tanto la disinformazione provvede a non soffermarsi troppo sulle vicende dello Yemen, per non infastidire il potere finanziario internazionale. Dunque il giornalista giace e la speculazione si dà pace.
Mentre i servitori del pensiero unico obbligatorio si guardano bene dal definire “bufale” o fake news le notizie aggiustate dai governi di Washington e Riad.
La disinformazione italiana ovviamente è in prima fila in queste operazioni. E in alcuni casi val anche la pena di apprezzare la sottigliezza, la professionalità nell’aggiustare l’informazione.
Basti pensare allo spot di presentazione della puntata che La 7 dedicherà ad Evita Peron. Evita viene definita, correttamente, come un simbolo del populismo. Si può discutere se è il maggior simbolo o meno, ma non è rilevante. Corretto, formalmente, anche il ricordo del matrimonio con Peron presentato non come politico ma come generale. Lo era, indubbiamente.
Ma a questo punto scatta la sottigliezza. Perché si spiega che il sogno populista di Evita poi finisce nell’arrivo dei generali. E le immagini sono quelle di Videla e dei militari arrivati non dopo Evita ma dopo il ritorno di Peron dall’esilio ed il ritorno dei peronisti al governo. Ma Evita era già morta da tempo.
Ed era già morta anche quando i militari abbatterono per la prima volta il legittimo governo peronista. Ma la presentazione lascia intendere che il populismo sia solo un passaggio verso la dittatura militare, una sorta di apripista.
Tutto è detto rispettando, formalmente, la verità storica ma lasciando il dubbio di interpretazioni molto lontane dalla verità.