Perché il presidente del consiglio ha imposto il segreto sui verbali delle sedute del Comitato tecnico/scientifico nel periodo della quarantena? E perché questa segretezza è stata condivisa anche dal capo della Protezione Civile Angelo Borrelli?
Si tenga conto che proprio in base a questi verbali il Lider Minimo ha adottato tutti i famosi dpcm con cui ha ridotto al lumicino le libertà fondamentali dei cittadini per garantire la tutela della salute pubblica. E le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti.
Quando la domanda fu rivolta ai rappresentanti dell’esecutivo la laconica risposta fu: si tratta di dati sensibili.
La cosa apparve piuttosto strana, specialmente quando il capo della Protezione civile, Angelo Borrelli, durante le sue famose conferenze stampa, quelle dove venivano elencati i numeri dei morti e dei contagiati, aveva più volte eluso la richiesta affermando candidamente che non gli era possibile rendere pubblici i verbali. Tuttavia Borrelli promise che, a emergenza finita, tali atti sarebbero stati resi pubblici. Si tenga conto che neppure tutti gli esponenti del Governo erano al corrente di quanto si diceva nel corso di quelle sedute, tanto che il viceministro della Salute Pierpaolo Sileri, nel corso di un’intervista del maggio scorso, aveva dichiarato stizzito: «Li tengono nascosti anche a me!»
Successivamente tre avvocati, Rocco Mauro Todero, Vincenzo Palumbo e Andrea Pruiti Ciarello, di fronte all’ennesimo rifiuto, hanno voluto vederci chiaro ed hanno fatto ricorso al TAR sostenendo che quegli atti non potevano essere considerati atti sensibili e dovevano essere immediatamente desecretati.
Il Tribunale amministrativo si è espresso lo scorso 22 luglio. Mariangela Caminiti, Ines Simona Immacolata Pisano e Lucia Gizzi, giudici della sezione prima quater del TAR del Lazio, hanno quindi imposto al Governo di rendere pubblici i verbali “incriminati” entro trenta giorni dal pronunciamento.
In sintesi quei verbali avrebbero dovuto essere a disposizione di tutti, e i tre magistrati hanno così giustificato la loro sentenza: «L’Amministrazione ha opposto all’ostensione dei richiamati verbali solo motivi “formali” attinenti alla qualificazione degli stessi come “atti amministrativi generali”, ma non ha opposto ragioni sostanziali attinenti ad esigenze oggettive di segretezza o comunque di riservatezza degli stessi al fine di tutelare differenti e prevalenti interessi pubblici o privati tali da poter ritenere recessivo l’interesse alla trasparenza rispetto a quello della riservatezza».
Non solo. Secondo il Tar, non aveva nemmeno senso la spiegazione di Borrelli per cui sarebbe stato opportuno rendere pubblici i verbali una volta terminata l’emergenza. Una motivazione che viene considerata «illogica» e «contraddittoria». Infine, il collegio giudicante spiega che «deve essere consentito l’accesso ad atti, come i verbali in esame, che indicando i presupposti fattuali per l’adozione dei descritti DPCM, si connotano per un particolare impatto sociale, sui territori e sulla collettività».
In altre parole: la situazione era talmente grave che i cittadini avevano il pieno diritto di sapere per quale motivo, e in base a quali “segreti” le loro libertà fondamentali venivano compresse se non addirittura negate.