Via libera a Stefano Lo Russo come candidato del centrosinistra a Torino. Niente primarie, ovviamente, la libertà di scelta è troppo pericolosa ed il virus è pronto a colpire chi pretende di votare. Mica come in coda al supermercato. Così, invece di rivolgersi ai cittadini, si incassa il consenso dei vertici della lista dei Moderati e di quella pseudocivica del Monviso.

D’altronde nessuno si illude sul ruolo dei sudditi nel futuro di Torino. Le oligarchie della Ztl e della Collina continueranno a decidere il futuro della città. E considerando i disastri che hanno provocato negli anni passati, non è che le prospettive siano proprio entusiasmanti. Se poi si aggiunge la nulla empatia del candidato piddino, è facile immaginare il rapporto che si andrà a creare tra Palazzo Civico ed i sudditi non sarà improntato al rispetto ed alla collaborazione.
Per fortuna sul fronte opposto (beh, opposto è forse troppo) si muove, lentamente, Paolo Damilano. Tra un ristorante e l’altro, tra un presidente di categoria ed un segretario generale di un’associazione. Mica si può pretendere che il candidato sindaco perda tempo con il volgo, con i plebei delle periferie, con quegli stupidi dei partiti che dovrebbero farlo votare. Meglio limitarsi a collocare qualche manifesto del suo movimento, Torino Bellissima, di fronte a qualche palazzo che bellissimo non è.

Intanto a sinistra – quella vera, non il Pd ovviamente – si inventano liste e candidati che sono consapevoli di non avere chances di eleggere neppure un consigliere. E, chissà dove si colloca, c’è pure Mino Giachino, partito in anticipo ed ora un po’ perso.
Arriverà Giuntoli a sparigliare? A guidare un centrodestra allargato, con o senza Lega? Un po’ di novità non farebbe male. Soprattutto se, finalmente, arrivassero anche delle idee, dei programmi. Con un confronto proprio sui temi di un futuro che non ci sarà se resterà limitato a nuovi binari, a vecchi saloni, a vuote parole sulla sicurezza, agli inesistenti miracoli dell’accoglienza.