Dunque, io sono, d’origine, cittadino di Venezia. Anche se, in realtà, sono nato e vissuto a Mestre. Terraferma, come si usa dire. Campagna, come dicevano sprezzanti quelli di Laguna… Sinceramente veneziano proprio non mi sento. Mestrino sì, perché, per quanto devastata dalla speculazione edilizia degli anni ’50 e trascurata dalle varie amministrazioni, Mestre ha una sua, nascosta, bellezza. E una storia tutta sua, anche, visto che risale ai Castra invernali di Cesare. E visti anche i merli ghibellini dell’unica torre ancora in piedi dell’antico Castello, rocca degli Ezzelini…
Digressione personale di cui mi scuso. Ma che mi serviva per arrivare a parlare del fatto che, da bambino, il mio Carnevale non era quello, magico e misterioso, della Laguna, che per altro venne rilanciato, con la geniale regia di Maurizio Scaparro, solo molti anni dopo. Il mio era un Carnevale più alla buona, se vogliamo più popolare e campagnolo, fatto di mascherine di bambini, festini a scuola e nelle piazze, coriandoli, stelle filanti, galani, fritoe, creme fritte… E , in una frazione che si chiama Campalto, in una sfilata di carri. Che a dire il vero era cosa semplice, senza capolavori di cartapesta ed altri lussi… Ma era allegro e faceva allegria… Insomma, ci divertivano, forse con poco. E poi ci sembrava per un momento di essere al Grande Carnevale di Viareggio. Di cui avevamo sentito mirabilie…
Già, Viareggio. Vi andai solo moltissimi anni dopo. Per un convegno di studi sulla Satira, che il mio amico Mario Bernardi Guardi – una delle penne più colte e raffinate, e quindi misconosciute, di quest’epoca triviale – aveva organizzato proprio nel contesto del Carnevale. Gran belle giornate, per le conversazioni con Mario, con Giordano Bruno Guerri e tanti altri… Ed anche perché, finalmente, li vidi quei carri, dal vero e non solo in filmati di repertorio.

Viareggio è un Carnevale diverso… anche se un po’ tutti i Carnevali sono, a loro modo, diversi. Ma la caratteristica di quello versiliese è di non essere popolato di fantasmi antichi, di presenze, inquiete e irridenti, celate dietro misteriose maschere…
È, per tradizione, un Carnevale allegro. Mordace. Con quello spiritaccio tutto toscano per il quale la satira è qualcosa di connaturato… Insomma, l’abito fiero e lo sdegnoso canto del professor Carducci…
I Carri di Viareggio – e quelli di altri Carnevali, buon ultimo quello della mia remota infanzia – sono di fatto Carri Allegorici, se vogliamo Trionfi. Ma si tratta di allegorie molto facili, esplicite. Per lo più di carattere satirico. Satira della vita quotidiana. E per lo più satira politica. Che, come dicevo, morde e graffia. Ma mai con cattiveria. Sorridendo. Come Orazio che, nei Sermones, castigava, sorridendo, i costumi. Insomma, nulla della ferocia incattivita di un Giovenale. Quella, semmai, la si può ritrovare nel “Vernacoliere”….come remota eco però…
I Maestri della cartapesta hanno raccontato, con i loro carri, più di un secolo di vita, costumi e politica italiana. E non solo. Una storia per immagini, vivace, irridente… Ma che rivela aspetti sottaciuti della nostra realtà… O meglio, rivelava. Perché l’anno scorso le sfilate sono state bloccate. E quest’anno non si terranno. Causa Covid, dicono. Era accaduto soltanto durante la Grande Guerra. Perché, altrimenti, i Carri hanno sempre sfilato. Dal 1931 con alla testa la maschera di Burlamacco. Già, dal ’31…pieno Regime Fascista. Che però non interruppe il Carnevale, nonostante le goliardate e i lazzi non proprio… ortodossi.

Peccato. Mi sarebbe piaciuto vedere che Carri sarebbero saltati fuori quest’anno… Provo ad immaginarli. Certo un Biden che ruba la sedia da sotto le terga di un esterrefatto Trump. Probabilmente un Kim ciccione con bombe che gli escono da ogni poro. Un Conte mascherinato che lancia invece di coriandoli DPCM, mentre il fido Casalino si affretta a scriverli. In abito da bajadera… Una Mummia che cammina ed esce da una piramide che assomiglia al Colle del Quirinale… Veterinarie volanti con enormi siringhe che inseguono nanetti impazziti in tute da guerra chimica… Galli che cantano per annunciare l’apocalisse prossima ventura… E su tutto, un enorme Dragone, dal volto benigno e sorridente come il Gerione dantesco, che vola eruttando non fiamme, ma dolları…
Basta. La mia fantasia non è bastante. E, soprattutto, non così lieve. Il mio poeta satirico, lo ammetto, è quel vecchio pestifero di Giovenale. Non Orazio.
Peccato, però. Mi sarebbe proprio piaciuto vederli i Carri di quest’anno.. Speriamo nell’anno prossimo…