Ci si è messa anche Loretta Goggi. Non bastavano i frignoni di professione, alla Fedez. No, anche la Goggi è entrata a far parte della sempre più nutrita legione di chi si espone – per scelta o per lavoro – al giudizio del pubblico e poi si offende se i giudizi sono negativi. Non è il caso di invocare il body shaming o qualche altra idiozia di stampo americano. Il bullismo informatico può valere per fragili adolescenti privi di adeguate difese psicologiche, non per scafati professionisti della tv che hanno fatto dell’apparire la propria fonte di guadagno.
E non è neppure fondamentale sapere se, nella polemica sull’esibizione canora della Goggi all’Arena di Verona, avessero ragione i critici del Web oppure l’artista. Qualcuno ha commentato negativamente il look? La forma fisica? La scelta di cantare in playback? Si tratta di giudizi personali per un’esibizione pubblica. E non si può protestare perché così si rovina la festa all’artista, si colpisce la sua sensibilità.
Oppure si pretende che, per legge, i commenti debbano essere esclusivamente positivi? E di fronte ad una esibizione modesta, di fronte ad una crosta spacciata per un quadro, di fronte ad uno spettacolo insulso si possa solo applaudire o tacere? Troppo comodo, così. Allora i tifosi allo stadio, o nei commenti in rete dopo una partita, non potrebbero protestare per un rigore sbagliato, per una papera del portiere, per un passaggio fuori misura?
Perché anche i calciatori plurimilionari sono sensibili e ci rimangono male per i fischi.
È l’inevitabile conseguenza dei piagnistei iniziati sui banchi di scuola con il sostegno di genitori ed insegnanti. Una normalissima presa in giro si trasforma in intollerabile atto di bullismo. E vai di lacrime, di riunioni plenarie per spedire dallo psicologo il reprobo che ha definito “grasso” il compagno di scuola non proprio filiforme. Si comincia così e si finisce come Fedez di fronte alla bonaria presa in giro da parte di due comici. Perché tutti hanno diritto di fare milioni promuovendo lo smalto per le unghie ma nessuno può permettersi di ironizzare.
In fondo, però, potrebbe essere una buona idea. Certo, si rinuncia all’umorismo. Ma nel momento in cui i fans del divo di turno non avranno più la possibilità di criticare, forse smetteranno anche di seguire personaggi privi di qualità. Forse smetteranno di seguire artisti permalosi. Forse smetteranno di farsi prendere in giro da milionari capricciosi. Forse.