“Non te gharà mica bevuo il brulé dei bancheti?” mi dice Enzo con il suo dialetto sospeso tra il trentino e il Veronese ” Queo xe veleno. Jo fa coe polverine, ormai. Roba chimica…”
In effetti lo ho assaggiato. Appena. Robaccia… tossica davvero. Mica che sia proprio colpa loro. Di coloro che gestiscono le bevande al Mercatino di Natale. C’è una disposizione amministrativa, a quanto pare. Vieta di fare il vin brulé sul posto. Con il sistema tradizionale. Calderone, vino, zucchero, spezie, cannella, anice stellato e frutta. Limoni e mele. Perché sarebbe anti igienico. Pericoloso per la salute. Quindi, obbligo di utilizzare solo prodotti confezionati. In pratica, polverine in busta sigillata. Di produzione industriale. Ce li chiede l’Europa, naturalmente. Come ci ha chiesto di rinunciare ai nostri formaggi erborinati, alle stagionature in fossa….non parliamo, poi, del formaggio sardo con i vermi.
Al contempo non trova nulla da dire, questa “Europa”, sulle patatine fritte di Mac che va di lusso se contengono tracce di patata. Sulle merendine confezionate, sul pane proteico che non contiene pane, sulla carne gonfiata con estrogeni….
Anzi, sta patrocinando l’impiego alimentare degli insetti. La nuova frontiera della alimentazione. Il formaggio coi vermi, che si mangia dal Tempo della civiltà nuragica no. Nuoce gravemente alla salute. Gli spaghetti fatti con farina di bacarozzi, invece, vanno bene. Una mano santa….
Enzo mi guarda, e scuote la testa.
“Sentite là, che te porti mi un brulé come Dio comanda. Come ghoo imparà a farlo vo’ lavoravo nei rifugi. In alta montagna….
Ero entrato, a dire il vero, per un caffè…. È mattina presto, lunedì. Il lunedì subito dopo il fine settimana in cui si sono aperti i mercatini di Natale. Ed è una giornata uggiosa .
Non proprio di pioggia. E neppure di nebbia come in Val Padana. Piuttosto, nubi basse, che avvolgono le montagne. Dove vi è già la neve. Se ne vede il riflesso da qualche, improvviso, squarcio di cielo. Un riflesso lontano. Qui, tutto è grigiore.
La Piazza è pressoché deserta. Pochi passanti frettolosi, tutti imbacuccati. Sono il solo seduto a un Caffè.
Però….ha una sua poesia. Il grande albero di Natale spento. Le casette degli gnomi (il Mercatino) chiuse. Il silenzio. L’aria fredda e carica di umidità.
Ci vorrebbe Leopardi, penso. In modo assurdo. Ma lui saprebbe davvero esprimere le emozioni del giorno dopo un Dì di Festa. Del mattino dopo. Il silenzio, soprattutto. È stato impareggiabile nell’evocare l’emozione del silenzio. E la, dolorosa, Bellezza di certe solitudini.
Però io non mi sento solo. Non oggi, paradossalmente, che fisicamente solo lo sono per davvero. Anzi, ho avvertito la solitudine tante volte, mentre ero in mezzo alla folla. Qui no. Non in questa piazza deserta.
Qui non mi sento mai, davvero, solo. Forse perché, in una realtà come questa, non è possibile la solitudine. Ti senti, sempre, parte di un qualcosa…. oserei dire di una comunità.
Comunità. Da “cum munus”. Con il dono. Perché la Società è, sin da epoca antica, relazione d’affari. Legame di interessi .
Tra individui non altrimenti collegati fra loro. Ed è, appunto, nella società che si prova il senso della solitudine. Come quando si è a un ricevimento, una festa troppo affollata. Si parla con tutti. Ma non si conosce davvero nessuno. Niente in comune.
Con il “dono”, invece, l’individuo sente di fare parte di qualcosa che lo trascende. Una identità superiore a quella del singolo. Che non nega le peculiarità personali, ma, all’opposto, le arricchisce e le esalta. Non a caso è nei paesi che vi sono i “personaggi”. Più o meno eccentrici, caratterizzano la Vita quotidiana. E sono un elemento essenziale della memoria.
Gli eccentrici, nella grande città, sono solo degli emarginati. Dei reietti, espulsi dal corpo della società.
Alasdair McIntyre, il neo-aristotelico considerato il padre nobile dei Communitarians anglosassoni, ha sostenuto che solo in ambiti molto ristretti, e coesi in primo culturalmente, è possibile che esista davvero una Comunità.
Pensava, da vecchio scozzese, alle isole Orcadi. O a qualche villaggio sulle sue Highlands. Però, senza essere così chiuse, anche le nostre valli alpine presentano forti tratti comunitari…
Ed io, appunto, qui non mi sento mai solo.
Enzo mi serve una bella tazza di brulé bollente. La porto alle labbra… una sinfonia di aromi e profumi mi satura olfatto e gusto.
Un attimo di beatitudine.
E subito il pensiero fugace. No, poi io non sono mai solo ora davvero
Sorrido. E la beatitudine indotta dal vin brulé, si fa…. più intensa.