In attesa dell’esito finale dello scontro tra Macron e Marine Le Pen per l’elezione alla Presidenza della Repubblica francese, la seconda ha dichiarato che in caso di vittoria farà uscire Parigi dal comando integrato della Nato e lavorerà per un “riavvicinamento strategico” tra l’Alleanza atlantica e la Russia, ribadendo però che Parigi continuerà a restare vincolata all’Articolo 5 del Trattato Atlantico sulla difesa collettiva.
Secondo molti analisti tale dichiarazione sarebbe un tentativo di raccogliere anche i voti degli elettori del candidato di estrema sinistra Jean-Luc Mélenchon, nonostante quest’ultimo abbia già chiarito che la Le Pen non riceverà nemmeno un voto dal suo elettorato. In effetti, tenendo conto di come in Francia sia presente da decenni una vera e propria conventio ad excludendum nei confronti dei Le Pen, prima il padre ora la figlia, sembra difficile sostenere la possibilità di recuperare voti da quel bacino. Riteniamo invece che le parole della leader dell’estrema destra fossero un tentativo di sposare una causa molto sentita da sempre nel popolo francese: l’antiamericanismo.
Ricordiamo infatti che il 7 marzo del 1966 il Generale Charles De Gaulle, nonostante quelli fossero gli anni della cosiddetta Guerra Fredda ed il comunismo non fosse un semplice pericolo ipotetico ma una concreta possibilità per l’Europa, decise di far uscire la Francia dal comando della Nato, sebbene il paese transalpino fosse stata uno dei fondatori dell’Alleanza Atlantica.
Le motivi di tale decisione? La consapevolezza di De Gaulle che negli anni immediatamente successivi alla Seconda Guerra Mondiale la Francia stava perdendo il proprio ruolo di leader a livello internazionale proprio a discapito degli Stati Uniti. Nonostante l’appartenenza alla Nato, i francesi avevano dovuto abbandonare l’Indocina, subire lo smacco della nazionalizzazione del Canale di Suez, perso l’Algeria dopo otto lunghi anni di guerra. E spesso, dietro le quinte, sembrava esserci lo zampino degli yankees in queste sconfitte politiche. Così la Francia fu per tanti decenni l’unica potenza occidentale parzialmente fuori dalla Nato e dotata di un arsenale nucleare come deterrente per chi avesse voluto contrastarla a livello internazionale.
Nel 2009 però, con Nicolas Sarkozy all’Eliseo, i transalpini sono rientrati a pieno titolo nella Nato e nel suo comando integrato. “La Francia non può restare ferma in un mondo che è radicalmente cambiato. Il nostro paese non è più minacciato da invasioni militari, forse per la prima volta nella sua storia. Altre minacce si sono materializzate, il terrorismo, la proliferazione delle armi”, queste le motivazioni addotte per la netta inversione della politica internazionale francese. In altre parole, si decideva di collocare la Francia in modo netto e preciso in quel blocco occidentale che si considerava egemone a livello mondiale, come ben spiegato da Huntington nel famoso “Lo scontro delle civiltà”.
Nonostante questo però in Francia, anche tra le classi dirigenti, è sempre rimasto, seppur sullo sfondo, un forte sentimento antiamericano. Basti pensare che nel novembre del 2019 l’attuale presidente Macron ha dichiarato che “La Nato è in stato di morte cerebrale”. Non a caso, proprio l’attuale inquilino dell’Eliseo negli ultimi anni ha cercato di impostare la politica estera francese verso una maggiore unificazione europea e, soprattutto, una maggiore autonomia dagli States. In questo suo agire, la vicinanza con la Russia era un punto fondamentale. Ecco perché Macron, anche oggi, è uno dei pochi leader europei ad avere ancora un contatto diretto col Cremlino. Infatti la stessa Le Pen ha non solo parlato della necessità dell’allontanamento della Francia dalla Nato ma anche del dovere di tentare un riavvicinamento con Mosca per porre fine alla guerra.
Da questo punto di vista possiamo dire perciò che, a prescindere da chi vincerà tra i due contendenti, la Francia rappresenterà comunque una speranza per l’Europa per tornare ad essere autonoma e protagonista a livello internazionale e non più semplice vassallo degli States. Certamente la decisione scellerata di Putin di iniziare una guerra contro l’Ucraina non sarà di aiuto ma speriamo che, con delle dirigenze realmente europeiste ed autonomiste, si riesca comunque ad ottenere la quadratura del cerchio: interrompere il conflitto tra Mosca e Kiev e riportare l’Europa al centro dello scacchiere mondiale. In questo caso, anche l’Ungheria del neoeletto Orban potrà avere un ruolo importante. Attendiamo ora il risultato elettorale francese e poi speriamo che il Presidente eletto si muova subito in questa direzione. Le altre due alternative sono o la totale dipendenza dagli Stati Uniti o, peggio ancora, lo scoppio di una Terza Guerra Mondiale. Budapest ha già dichiarato di non volere né l’una né l’altra. Speriamo che anche dall’Eliseo prendano la stessa posizione politica.