Si moltiplicano i post sui mercatini di Natale. Opera, per lo più, delle diverse APT, del Trentino Alto Adige, e non solo. Perché i Mercatini sono, dopo anni demenziali, un’occasione ghiotta per rilanciare il turismo. Azienda più di ogni altra depressa dalle politiche del Grande Economista, e del lemure allucinato che governava la nostra Sanità.
I post sono belli. Si è aperta una sorta di gara all’immagine più suggestiva. Allo slogan più efficace. L’nventiva dei, cosiddetti, creativi, si è scatenata.
Uno mi colpisce. Immagine di un mercatino di Natale nella neve, casette illuminate, Alberi…. insomma, niente di nuovo. Niente di particolarmente originale.
Ma lo slogan è un’altra cosa: Viviamo per momenti così.
A tutta prima potrebbe sembrare un paradosso. E particolarmente assurdo. Però… pensateci bene.
Viviamo…per momenti come questi. Per andare a comprare dolciumi e decorazioni al Mercatino di Natale? Direi proprio di no…. sarebbe solo una frase… scema. E verrebbe da chiedersi che si era fumato il creativo in questione…
Ma se pensiamo all’atmosfera, all’incanto, alla poesia del Mercatino, o meglio che il mercatino evoca…beh allora la questione cambia. E di molto.
Perché il Natale è Tempo straordinario. Ovvero, un periodo che è fuori dalle regole della vita quotidiana. Un qualcosa di… diverso. Che fa, ogni anno, irruzione nel nostro presente. Le luci, i colori, gli addobbi festivi… rappresentano questo. È il mondo magico, quello dei sogno, che si sovrappone a quello ordinario. E ci permette di vivere, per un breve periodo, in un’altra realtà.
La Vita quotidiana è, per lo più grigiore. Monotonia. Il vecchio adagio che afferma esserci non più di cinque o sei giorni davvero importanti nell’esistenza, mentre tutti gli altri fanno solo volume, è tristemente vicino alla realtà.
Ma lo scorrere dei giorni è ingannevole.
La rappresentazione che ne abbiamo è quella di una linea continua. Che procede inesorabile. E che mai ritorna indietro. Così, alla fine, ci volgiamo, e ci accorgiamo del tempo perduto. Lo rimpiangiamo. E, talvolta, proviamo, disperatamente, a recuperarlo. Ricerca inutile. Perché, al massimo, possiamo ritrovare il senso di ciò che abbiano vissuto nel gioco delle memorie e dei ricordi. Il capolavoro di Proust giunge, in fondo, a questa conclusione. Ed è conclusione venata di malinconia. O, per lo meno, a me ha sempre dato questa sensazione. Come ritrovarsi in una stanza chiusa. In debito di ossigeno.
Ma è solo una rappresentazione del Tempo. Quella prevalsa nella nostra epoca. Strettamente legata agli sviluppi dello Storicismo.
Prima la visione era diversa. Era Una visione del Tempo… circolare. Che trova fondamento nella natura. Nelle stagioni dell’anno. Che ritornano sempre. Perché il Tempo è il Grande Serpente, che si avvolge nelle sue spire. Sempre uguale e sempre diverso. Una spirale.
Se ne trova ancora traccia in Manzoni. Che, con gli Inni Sacri, intendeva celebrare i momenti straordinari dell’anno secondo la liturgia Cattolica. Momenti in cui il Tempo ordinario si ferma. E la Festa rappresenta una sorta di connessione con il Tempo Cosmico.
Non sono, dal punto di vista strettamente letterario, la cosa migliore di don Lisander. Ma rappresentano forse l’ultimo retaggio di una qualche coscienza dei Tempo Cosmico. Il Tempo che è, e non fugge. Aiòn lo chiamavano i Greci, contrapponendolo a Crònos.
Noi viviamo per momenti come questi. Sarebbe più esatto dire che solo in momenti come questi siamo vivi davvero. Perché, nell’ordinario, trasciniamo l’esistenza.
Il Natale, i Mercatini, sono, naturalmente, solo un esempio. Una sorta di pretesto.
Vivere non è lasciarsi portare via dalla fuga dei giorni. Fuga inesorabile, verso quello che il Foscolo chiama “il nulla eterno”.
La connessione col tempo cosmico è, in realtà, sempre possibile. Siamo noi a dover scegliere se vivere o soltanto tirare a campare. È una scelta di volontà. Dire all’attimo, ad ogni attimo, fermati sei bello!
La bellezza delle luci del Natale serve a ricordarcelo.