La grave crisi politica derivante dall’inchiesta Odebrecht in Perù, che ha riguardato tutti i presidenti eletti dal ritorno della nazione andina alla democrazia compreso l’ex economista Pedro Pablo Kuczynski, ha comportato il passaggio della massima carica presidenziale al vice di PPK.
Il cinquantacinquenne Martín Vizcarra ha assunto il nuovo ruolo in perfetta continuità con il suo predecessore.
Nei suoi primi quattro mesi la politica peruviana non è cambiata né sotto il profilo economico, in cui è legata al prezzo di materie prime come zinco e rame di cui il Perù è il secondo produttore mondiale, né sotto quello della politica estera, in cui Lima è fiera oppositrice del Venezuela bolivariano e membro della liberoscambista Alleanza per il Pacifico alla quale potrebbe presto aderire l’Ecuador di Lenin Moreno.
Con una maggioranza parlamentare schiacciante a propria disposizione è, però, sempre la sconfitta delle ultime presidenziali Keiko Fujimori a dettare l’agenda politica. Vizcarra sembra essersi accorto di come la sua permanenza sia legata ai voleri del partito Fuerza Popular, espressione della destra fujimorista, ed ha attenuato le divergenze con i parlamentari che potrebbero destituirlo.
Ex governatore della regione meridionale di Moquegua e già Ministro dei Trasporti, Vizcarra dovrà comunque fare i conti con la tornata elettorale che ad ottobre coinvolgerà regioni e comuni del Paese sudamericano e che potrebbe rafforzare ancor di più la figlia dell’ex dittatore nippo-peruviano.
Dal proprio canto il neopresidente ha avanzato una serie di referendum sulle riforme giudiziarie e politiche volte a sradicare la corruzione sistemica nell’economia del Paese. Nel particolare, tra gli intenti dell’attuale inquilino del palazzo presidenziale di Lima rientrano: il divieto di finanziamento privato alle campagne politiche, la fine della rielezione dei legislatori e la creazione di una seconda camera che superi l’attuale monocameralismo.
Le sfide non mancano e per intravederne i primi risultati Vizcarra avrebbe bisogno di portare a compimento l’intero mandato, la cui naturale scadenza è fissata per il 2021.