Chi è Elena Piccoli?
Sono una ragazza di ventidue anni che vive come una normale ventiduenne. Frequento l’università, coltivo i miei interessi, esco con gli amici, quando posso viaggio. Non nascondo che questa domanda mi mette un po’ in difficoltà, forse devo ancora crescere un po’ per poter sapere con certezza chi sono veramente.
Come nasce la tua passione, se è una passione, per la scrittura?
La mia passione per la scrittura è nata molto presto, quasi in contemporanea con l’apprendimento della scrittura stessa. Mi ricordo che durante i primi anni delle elementari già mi divertivo a comporre i ‘pensierini’, dei brevi testi in cui descrivevo la realtà che mi circondava. Poi alle scuole medie si è trasformata in una passione vera e propria, anche perché ho avuto la fortuna di incontrare dei bravi insegnanti che mi hanno sempre incoraggiata.
Cosa e chi ha contribuito a far fiorire questa passione?
Credo che la persona che più ha contribuito a far fiorire la mia passione per la scrittura sia stata mia mamma. Mi ha aiutato lei a scrivere i primi temi, mi dava qualche idea, mi seguiva nell’impostazione dei testi. Mi ha insegnato fin da subito a scrivere con cura, con impegno e dedizione. La fantasia invece credo di averla presa dal papà, che si inventava storie sempre nuove e originali. E poi c’è il grande amore per la lettura, che ho sempre coltivato. Da bambina ho letto tantissimo; macinavo libri su libri, mi immaginavo i protagonisti di quelle storie, alcuni poi li facevo rivivere all’interno dei miei temi. Mi è sempre piaciuto anche l’oggetto-libro, poterlo toccare, sfogliare, annusare.
Elena Piccoli, hai appena pubblicato il tuo primo libro. Quando è nata l’ispirazione?
L’ispirazione è nata durante il primo lockdown, nella primavera del 2020. Avevo voglia di raccontare una storia che mi permettesse di evadere dalle mura della mia camera almeno per qualche ora, la sera. L’idea iniziale era quella di scrivere un racconto, ma poi mi sono fatta prendere la mano ed è uscito qualcosa di un po’ più lungo.
Quale è il contesto della narrazione?
La storia è ambientata nella campagna fiorentina degli anni Ottanta. I protagonisti sono quattro ragazzini che, in una sera come tante, si ritrovano ad essere i testimoni oculari di un delitto del Mostro di Firenze.
Senza svelare troppo sulla storia che racconti quale è il messaggio che senti di trasmettere?
Non è un libro con particolari intenti moralistici. È certamente un inno all’amicizia e all’importanza dei rapporti tra esseri umani, che accompagnano il viaggio di ciascuno di noi e contribuiscono a farci diventare quello che siamo. I quattro protagonisti si trovano in quel particolare momento dell’adolescenza in cui non ci si sente né bambini né grandi, in cui si vorrebbe conquistare il mondo ma si ha ancora paura del buio. Da una realtà in cui i giochi e il divertimento sono all’ordine del giorno, sono improvvisamente catapultati in un mondo crudele e senza senso. Sono costretti a crescere in fretta, a maturare, tuttavia non perdono mai di vista loro stessi. Ecco, forse il messaggio che mi sento di dare è quello di rimanere sempre noi stessi, di cercare la felicità rimanendo fedeli a ciò che siamo e a ciò che vogliamo, non a ciò che vogliono decidere gli altri per noi. Scrivendo questa storia, e spero anche leggendola, ci si rende conto di quanto dovremmo imparare dai bambini, dal loro modo di guardare il mondo. Che poi è stato anche il nostro, ma forse ce lo siamo un po’ dimenticato.
Ci sono aspetti della vita quotidiana che ti sono serviti come spunto per la narrazione? Quali sono?
Per la narrazione non mi sono particolarmente ispirata ad aspetti della mia quotidianità. Certamente ho preso spunto da film che ho visto, serie tv e la musica degli anni Sessanta, Settanta e Ottanta. Le citazioni musicali che si ritrovano nel libro sono solo una minima parte di tutto il repertorio che ascolto e ho ascoltato durante la stesura del libro.
Scrivere vorresti diventasse un mestiere? Cosa rappresenta per te?
Scrivere per me è prima di tutto una valvola di sfogo. È un modo per evadere dalla realtà e sentirmi in pace con me stessa. Vorrei che diventasse un mestiere per potergli dedicare più tempo, ma non vorrei che la mia esperienza lavorativa si limitasse a questo. Sarebbe bello dedicarsi anche a qualcos’altro.
Hai altri progetti in cantiere o per il tuo futuro?
Ora sto scrivendo alcuni racconti, anche se per via degli impegni accademici non ho molto tempo. Prossimamente mi piacerebbe pubblicare una raccolta di racconti, ma ho anche altre idee per eventuali nuovi romanzi. Si vedrà.
Cosa consiglieresti ad un tuo coetaneo che volesse scrivere un libro?
Consiglierei di buttarsi, di non avere paura. Credo che l’aspetto più difficile sia pensare ad una storia che possa funzionare e avere il coraggio di metterla per iscritto. Ma sono sicura che ai miei coetanei non manchi l’inventiva e la fantasia. Siamo una generazione che può creare grandi cose.
A quale scrittore sei più affezionata o ti ispiri?
Non mi ispiro particolarmente a nessuno. Mi piace molto lo stile di grandi scrittori italiani del Novecento: Calvino, Buzzati, Tabucchi. Ultimamente mi sono affezionata ad alcuni autori ispano-americani, come Borges, Márquez, Carpentier, Bolaño.
‘Voglia di vincere’ è solo un titolo o qualcosa di più? Quali sono per te gli ingredienti per la vittoria?
‘Voglia di vincere’ è solo un titolo. Leggendo il libro se ne intuisce il significato. Non sono una persona particolarmente competitiva, quindi per me la vittoria ha un’importanza relativa. Anzi, penso che da un punto di vista artistico come quello della scrittura, sia molto più interessante analizzare la sconfitta. È proprio la sconfitta che definisce l’essere umano. Per vincere davvero, comunque, credo che si debba rimanere sempre se stessi, senza rinunciare alla propria natura.
Il tuo libro esce a Natale. Quali sono secondo te i destinatari ideali di questo libro?
Penso che il libro sia indirizzato a chiunque abbia voglia di tornare, con un pizzico di malinconia, ai tempi della propria infanzia. Il tipo di scrittura è forse più adatto a ragazzi a partire dai 13/14 anni di età, ma penso possa essere piacevole anche per chi è un po’ più grande. Anzi, l’ambientazione e tutti i riferimenti agli anni Ottanta possono essere maggiormente colti da un pubblico adulto.