“Apriamo gli stadi ma non teatri né live, magari faccio due palleggi mai dire mai” è il ritornello del suo ultimo singolo sanremese di Willie Peyote “Mai Dire Mai (La Locura)” l’unico brano, in tutta la kermesse, che ha denunciato l’attuale situazione nazionale. A cosa mi riferisco? Semplicemente al fatto che aprano gli stadi per permettere lo svolgimento delle partite (per non parlare delle chiese) e negare, invece, l’apertura di teatri e cinema… Ma questo non vuole essere un articolo polemico, bensì un’analisi di come tale personaggio si barcameni tra l’una e l’altra carriera. La musica alternativa (più precisamente rap) da una parte, e il giornalismo dall’altra: due mondi agli antipodi, ma solo apparentemente.
Le origini del nome
Il suo vero nome? Guglielmo Bruno. Un piemontese DOC di nome e di fatto, dato che suo padre è torinese di barriera e sua madre biellese. Chissà quale sarà il motivo di tale pesudonimo… Beh, una ragione c’è: ha unito il suo soprannome Willie con la sua passione per il cartone animato Looney Tunes, Wile E. Coyote. Non solo: a tale tripudio di riferimenti ha pensato bene di aggiungere il peyote, un cactus dagli effetti allucinogeni originario dell’America del Nord. La motivazione di quest’ultimo collegamento? Tuttora rimane un mistero…
La sua (doppia) vita
Classe 1985. La sua carriera musicale inizia con un gruppo, gli S.O.S. Clique insieme a Kavah e Shula con cui incise Demo e EP come “L’erbavoglio” nel 2008. Solo nel 2011 inizierà la sua carriera da solista pubblicando sulla piattaforma SoundCloud una trilogia di EP che prende il nome di “Manuale del giovane nichilista”. Un titolo che anticipa la visione del mondo di tale artista.

Sin dalle origini è emerso un bel mix tra cinismo, autoironia e denuncia sociale. Tale miscuglio, risultato essere assolutamente vincente, è emerso anche nella sua carriera giornalistica, scrivendo per il noto quotidiano “La Stampa”. Ora la domanda sorge spontanea: che non sia un’unica denuncia, semplicemente proposta in due modi diversi? In questo modo si rivolgerebbe a due pubblici ben distinti: da una parte il classico torinese che ama ancora leggere lo storico quotidiano, e dall’altra il giovane Millenial alle prese con l’inizio della vita adulta (DPCM permettendo). Due mondi opposti, ma con difficoltà assai simili, specialmente in quest’ultimo periodo.
Il primo “feat” dei FASK con proprio lui, il Peyote
FASK sta per: “Fast Animals and Slow Kids” un gruppo musicale alternative rock di Perugia nato nel 2008. Sicuramente una band sui generis per il panorama italiano, che potrebbe fare la differenza, basti pensare ai vincitori di Sanremo 2021. Diciamolo: il mondo della musica sta cambiando in una maniera imprevendibile, a tal punto da concederci un feat tra il Peyote e questo gruppo che pare una ventata d’aria fresca in un clima così stantio.