La Cina ha riaperto Wuhan. Dunque il principale focolaio del virus è tornato alla normalità, o quasi. Autostrade subito intasate, folla negli aeroporti. Non siamo alla famigerata “fase 2”, che tanto appassiona i sedicenti esperti italiani, ma direttamente alla fase 3 o 4.
Tempo degli arresti domiciliari? Due mesi e mezzo scarsi. Il che significa che in Italia la carcerazione dovrebbe terminare prima della fine di maggio.
Non per quanto riguarda solo la ripresa del lavoro, ma per la libertà generale. Invece si evita accuratamente di discuterne, di pensare al dopo. Il governo, ma quanto è generoso, è disposto a far tornare a lavorare una parte degli italiani. Ma a patto che si limitino ad uscire dagli arresti domiciliari per andare in fabbrica e, al termine del turno, rientrino in gabbia. Nessuna birra con gli amici, nessuna distrazione. Martedì sera un canale Mediaset ha riproposto il film “La classe operaia va in paradiso”, con Gian Maria Volontè. Ecco, deve essere quello il sogno non più nascosto di Confindustria e dei suoi reggicoda in politica: tornare alla più totale alienazione dei sudditi, senza possibilità di distrazione, senza un pensiero diverso dalla mera sopravvivenza.
Peccato che lorsignori abbiano diversificato le loro attività imprenditoriali. Meno fabbriche e più servizi. Ed il modello dell’operaio-massa non funzioni più perché non è in grado di far girare una macchina economica molto più complessa. Se saltano i servizi, saltano anche le fabbriche perché i loro prodotti non hanno più un mercato di sbocco. Perché gli addetti ai servizi sono più numerosi dei lavoratori dell’industria.
Poi, certo, ci si mettono anche i commercianti a rovinare il precario equilibrio di queste settimane. Il deputato sardo Salvatore Deidda ha coraggiosamente denunciato i rincari assurdi ed inaccettabili di alcuni prodotti, anche essenziali, in numerosi negozi dell’Isola. Aumenti del 30%, del 50 ed anche del 100%. Mentre in alcuni Comuni le forze dell’ordine non solo non intervengono contro questi comportamenti, ma li favoriscono multando i negozianti dei Comuni limitrofi che portano la spesa (a prezzi più bassi) a domicilio di chi vive nei territori vicini.
È l’Italia della solidarietà, delle canzoni sui balconi, dell’ipocrisia nelle pubblicità. Pronta a speculare su tutto sperando che il “liberi tutti” arrivi il più tardi possibile.