Ha vinto Bossi. O forse Miglio. I risultati delle elezioni regionali, come sostiene correttamente Del Ninno su Barbadillo, hanno evidenziato lo scarsissimo peso dei partiti nazionali ed il crescente ruolo dei governatori. Voglia di federalismo, voglia di decidere a casa propria senza subire le imposizioni dei partiti romani che non conoscono i territori periferici. Ha ragione De Luca quando afferma che in Campania non ha vinto la sinistra e, ovviamente, neppure la destra. Ha vinto lui, con il suo modo di governare. Ed è significativa la dichiarazione di Emiliano a proposito del lìder minimo: “È pugliese, e quando viene qui io sono il suo presidente”.
Sicuramente ha inciso la gestione del Covid ed anche della parziale uscita dal tunnel. Liguri e veneti si sono sentiti tutelati da Toti e Zaia, non da Boccia e De Micheli. Zaia, che ha stabilito il record di consensi a livello nazionale, si è inoltre immedesimato nella lotta dei veneti per una vera autonomia. Una battaglia che diventa più forte con i successi non solo di Toti ma anche di De Luca ed Emiliano. Paradossalmente Zaia sarebbe stato indebolito da una vittoria di Caldoro e Fitto, espressioni di una nomenclatura priva di significato e lontanissima dal territorio e dal popolo che ci vive. E diventa patetica la giustificazione di Pier Paolo Baretta, del Pd, per spiegare la sua sconfitta al primo turno al Comune di Venezia: “Zaia ha aiutato Brugnaro”. E chi avrebbe dovuto aiutare, se non il candidato del centrodestra?
Una giustificazione che fa il paio con quella di alcuni esponenti del centrodestra per spiegare la sconfitta in Toscana: “La sinistra ha arruolato tutti, dai massoni ai banchieri”. Certo, avrebbe fatto più comodo se avesse rifiutato i voti che le han permesso di vincere con un candidato che, lombrosianamente, suscita parecchie perplessità. Però ha vinto ed è persino riuscito a riesumare Renzi che, nel complesso, appare sulla strada della sparizione o, comunque, dell’irrilevanza. Mai dire mai. Perché anche il partitino di Toti è del tutto svanito dalla scena politica nazionale, però come lista del presidente ha trionfato in Liguria.
Adesso, però, le difficoltà aumentano per le opposizioni. Perché nella maggioranza di governo è evidente che i pentastellati non contano più e dovranno approvare tutte le leggi imposte dal Pd. I primi interventi, pietosi, di Giggino vanno in questa direzione. Il Movimento del vaffa poderoso si è trasformato in una accozzaglia di accattoni di ossa gettate da Zingaretti. A meno che non rientri in gioco Di Battista per salvare i pentastellati dalla deriva finale.
Il centrodestra, invece, dovrà smettere prima o poi di far finta di volere elezioni che nessuno concede. Dovrà decidersi a far collaborare seriamente ed utilmente le Regioni che amministra e che dovrebbe anche governare. Dovrà uscire dalla logica dei tombini e dei lampioni per provare a fare politica alternativa. Se con 14 Regioni controllate non si riesce ad incidere, forse qualche problema c’è. E magari, tra uno slogan e l’altro, magari potrebbe persino pensare a qualche candidatura vincente nelle grandi città.