Innumerevoli sono le caratteristiche negative del nostro tempo di liquidazione democratica, ma una delle più importanti che caratterizza la comunicazione soprattutto politica è la miseria dialettica. Questa condizione spregevole si associa – necessariamente – alla pochezza culturale e, insieme, sono le colonne portanti del diffuso narcisismo maligno.
La moda imperante nello squallore dei dibattiti è interrompere, squalificare, ghignare, screditare e deridere. Quando poi il discorso appiattito sul mainstream non è più avvalorabile, allora si passa a quella che il filosofo Nello Preterossi chiama “tribunalizzazione”: il giudizio morale dell’opinione pubblica che va dall’allontanamento degli interlocutori non graditi, dalla censura su tutti i mezzi di informazione, alla ritorsione lavorativa fino alle liste di proscrizione sulla stampa.
Tutto questo procedimento dissuasivo anche contro pensatori di fama e di valore ha un preciso movente: ridurre la complessità di ogni questione alla banalizzazione più superficiale, con la conseguenza premeditata di ridurre i cervelli all’ammasso e dividere le diverse argomentazioni incrementando l’aggressività istintiva della tifoseria più becera.
Questa strategia si è evidenziata nelle diverse tattiche poste in essere per avvalorare la truffa pandemica, e si conferma nella modalità di affrontare la crisi della guerra in Ucraina, per non parlare dell’altra farsa della sostenibilità e dell’ambientalismo.
“Verum scire est scire per causas”, avvertiva giustamente Aristotele, e se vale nella medicina e nella psicologia, dove ogni conoscenza del sintomo è perdente senza approfondire le cause che lo ha prodotto, a maggior ragione nell’ancora più complesso apparato interconnesso dell’universo-mondo.
Ma niente da fare. Ormai si è innescato un automatismo cognitivo che esclude meccanicamente ogni interferenza diversa dalla personale vibrazione emotiva, sentimentale e viscerale, in quella che Luciano Canfora ha definito “totalitaria occupazione delle coscienze”.
Basta prendere come esempio le due figure di Zelensky e Biden per evidenziare la gravità della patologia intellettuale.
Il primo è passato dalle calze a rete e i tacchi a spillo, esibendosi al pianoforte e alla chitarra nella sua equivoca nudità, a uomo dell’anno, esempio di eroismo, per non finire con la ridicola presenza a Sanremo. Un prodotto della soap opera hollywoodiana iniziata con un colpo di stato e continuata in una criminale e sanguinaria escalation militare.
Il secondo, baciatore di bambine e palpeggiatore di infanti, con una familiarità a dir poco equivoca, disturbato figurante di un Partito Democratico sostenuto dal blocco compatto di potere individuabile nei tenutari del Web, di Big Pharma, della finanza e dei media. Figurante pericoloso dell’andamento atlantista e dell’estremismo neoliberista.
Cortina censoria contro tutti coloro che pretendo di studiare e leggere gli eventi nella loro complessità e con il dovuto distacco; libero sfogo a tutti coloro che pretendono di imporre la verità secondo personali e passionali interpretazioni della realtà.
Il risultato finale è che un figurante di scadente avanspettacolo e uno perso alla ricerca dell’amico fantasma ci stanno portando al baratro di una terza guerra condotta contro un’Europa, che si esibisce da valletta e cheerleader per il Nuovo Ordine Mondiale e per il devastante sistema unipolare.