Nicola Zingaretti era considerato il fratello stupido di Luca, l’attore. Ma forse lo stupido era chi aveva sottovalutato il segretario del Pd. Che, in questa assurda crisi di governo, sta giocando su più tavoli contemporaneamente e, comunque vada, uscirà vincitore.
Magari grazie a consiglieri migliori di quelli di Salvini.
È vero che il segretario del Pd ha in mano ottime carte, ma c’è anche chi, con 4 assi serviti, scarta due carte e si lamenta di non aver vinto.
Ufficialmente Zingaretti punta ad un nuovo governo con il Movimento 5 Stelle. E pone delle condizioni che trasformerebbero l’esecutivo da giallo rosso a rosso con qualche sfumatura gialla. La proposta di non procedere con il taglio dei parlamentari è una evidente provocazione nei confronti dei pentastellati, anche se poi si scatenano i renziani che obbligano a trattare. Così come è offensiva la pretesa di cancellare alcuni provvedimenti presi dal governo giallo verde. O la richiesta, non ufficiale, di cambiare completamente la squadra di governo.
Se i pentastellati cederanno, Zingaretti sarà il vincitore evidente. E se rifiuteranno, rendendo inevitabili le elezioni? Zingaretti vincerà comunque poiché eliminerà l’anomalia di un partito che deve fare i conti con una maggioranza di parlamentari renziani. Sceglierà lui i candidati ed il giglio tragico sarà solo un brutto ricordo.
L’unico rischio è che Mattarella si metta di traverso, impedendo le elezioni (che proprio non vuole, come si è visto nelle dichiarazioni di ieri) ed insistendo per un accordo a favore dell’invasione e della genuflessione nei confronti di Bruxelles.
In tal caso il Pd potrebbe accettare il taglio dei parlamentari in cambio di una riforma del sistema elettorale in senso proporzionale puro. In questo caso a vincere sarebbero Renzi e Berlusconi, con il sultano di Arcore che, pur con percentuali ridottissime, potrebbe risultare determinante per un eventuale centro destra. Lo stesso varrebbe per un futuro partito del bugiardissimo in una coalizione di centro sinistra.
Esiste infine un’altra variante, poco considerata. Tra i 5 Stelle non mancano i parlamentari assolutamente contrari ad un governo rosso giallo. Paragone non ha nascosto il suo dissenso ed anche se non è credibile la voce relativa ad un centinaio di pentastellati che non vogliono l’accordo, è però reale il fastidio di un gruppo consistente. Il rischio è di arrivare al voto di fiducia scoprendo che non ci sono i numeri.
Ma nella confusione generale potrebbe persino rispuntare un governo giallo verde, con ampio rimpasto. Senza Conte, senza Salvini, senza Trenta. Un’ipotesi che non piace a Mattarella, e l’ha dimostrato ricordando due volte la rottura. Dunque il presidente della repubblica muoverà mari e monti, sino a martedì, per convincere Zingaretti ad accordarsi con Di Maio. In modo che il Pd possa occupare le centinaia di poltrone che andranno rinnovate tra un paio di mesi in tutte le vere strutture di potere italiane, tra enti e società varie.